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30 Ottobre 2017

La bellezza della paura

Tempo di lettura: 2 minuti


Cosa ci spinge a cercare il buio notturno, a guardare nei pozzi, a scrutare le tenebre dell’incertezza? I brividi dietro la schiena, i peli si rizzano e il sangue sembra ghiacciarsi nelle vene, mentre il cuore all’inverso comincia a battere all’impazzata. Sudori freddi, gli occhi vedono sagome sfuggenti che scompaiono dietro di noi, acceleriamo il passo per allontanarci dai vicoli oscuri e deserti… eppure, puntualmente, ritorniamo ancora in quegli stessi vicoli, sempre lì, soli, a inseguire i nostri demoni!
Nel 1974 uscì in Italia un film che tuttora è considerato il più terrificante horror mai realizzato: L’esorcista.
Solo cinque anni dopo, approfittando di una rassegna estiva che veniva proiettata nel vecchio Ristori di via Del Turco, potei finalmente andare al cinema a vederlo. Avevo appena quindici anni e ricordo che lo vidi assieme a un paio di amici. Credo di avere avuto più incubi notturni quell’estate che in tutti gli anni che seguirono. E in effetti il volto di Regan, trasformato dalla possessione, a distanza di quasi quarant’anni è ancora spaventosamente disturbante!

Tuttavia (o forse proprio per questo), da allora la passione per il thriller e l’horror non mi abbandonò più. Il terrore, l’adrenalina che sale, danno un piacere inaspettato. Come gli effetti pirotecnici di una tempesta vissuta sotto un riparo sicuro, goduta da spettatore lontano da ogni rischio ma abbastanza vicino per sentire l’odore degli elementi impazziti che vorticano tutt’attorno in cerca di vittime da divorare. Immaginarsi vittima e allo stesso tempo confortarsi nella certezza di non esser tale. C’è qualcosa di sublime nel farsi travolgere dal terrore creato ad arte, tanto reale quanto posticcio. In fondo equivale ad entrare in un mondo parallelo: quello del sogno e della fantasia.
Ora, lasciando per un attimo da parte le immagini e i fotogrammi, mi rendo conto dell’importanza determinante della musica. il successo di un film e la sua perpetuazione nella memoria dipendono spesso e soprattutto dalla grandezza della sua colonna sonora. Qualche esempio? Cosa sarebbero stati i film di Leone senza le musiche di Morricone? E cosa sarebbe stato Profondo Rosso senza l’accompagnamento musicale dei Goblin?
Per L’esorcista la cosa è stata più discreta, ma ora, riascoltando Tubolar Bells, mi torna in mente la porta chiusa della stanzetta di Regan. Ancora oggi ho lo stesso timore/desiderio di aprirla, di entrarci e di scoprire che quella stanzetta in fondo era la mia.

Tubolar Bells – performance live del 1973 per la BBC (Mike Oldifield, 1973)

Tubolar Bells – registrazione originale in studio (Mike Oldifield, 1973)

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it