Antonio è un uomo sui quaranta, alto e imponente. Quando lo abbiamo incontrato la prima volta, mia nipote di 4 anni l’ha osservato incuriosita volgendo lo sguardo verso l’alto e sgranando gli occhi come per poterlo contenere tutto. L’omone – così è stato soprannominato per simpatia e così è ormai classificato nella mia rubrica dell’iphone – sa fare molti lavori: trasportatore, imbianchino, muratore, riparatore. Lo abbiamo conosciuto per caso, sulla pressione di un obiettivo impellente: sgomberare un’ampia cantina da una montagna di oggetti stipati e accatastati a segnare – come ere geologiche – il tempo di una vita. Prima di Antonio, abbiamo incontrato l’ottusa irrazionalità del servizio pubblico di Hera che per lo sgombero pretende che i cinque pezzi – che rappresentano il limite di prelievo per ogni servizio concordato – siano accuratamente elencati e comunicati preventivamente per telefono. In pratica l’operazione di sgombero della cantina avrebbe richiesto mesi, impiegati nell’improbabile redazione di liste di oggetti come assi, parti di motori inceppati, attrezzi di lavoro minuti e pesanti allo stesso tempo, vecchi elettrodomestici, e molto altro. In un primo tempo ci siamo rassegnati a questa regola irrazionale – anche se con desolazione – ma la difficoltà di dare i nomi a frammenti di oggetti sconosciuti è stata insuperabile!
Per questo l’omone ci ha salvato. Rapido e silenzioso ha sgomberato tutto, ci ha aiutato via via a smaltire i molti ingombranti e spesso pesanti oggetti non recuperabili e a donare quelli ancora utilizzabili. Sollevava gli oggetti come piume per metterli nel suo furgone capiente. Tornava ogni volta che ne avevamo bisogno. Così per un mese. Dovevamo dipingere il garage e lui si è offerto di farlo, dovevamo aggiustare mobili da montare nella cantina e lo ha fatto, gli abbiamo affidato il compito di imbiancare la casa e lui lo ha fatto in un giorno, ha riparato tutte le piccole cose che non andavano, ha aggiustato cassetti, ha piantato chiodi, limato porte anodizzate, aggiustato ante traballanti, sistemato serrature e cerniere dei mobili, spostato e montato pensili, stuccato e levigato là dove c’era bisogno. Tutto questo in pochissimo tempo e con un garbo che contrastava la corporatura imponente.
Involontariamente un giorno abbiamo buttato via la sua radio, credendo che facesse parte degli oggetti da smaltire, lui era sgomento “comeee, l’hai buttata viaaa? C’erano registrate le musiche del mio paese? Io come faccio adesso?” Il giorno dopo ci ha detto che ne ha trovato una nuova – che conteneva le musiche come l’altra – ovviamente gliela abbiamo pagata ed è stato un grande sollievo per noi sapere di non avere fatto un danno irreparabile.
Antonio viene dalla Moldavia, non so altro di lui.
Possiamo considerare questo un esempio di possibile concorrenza tra lavoratori italiani e lavoratori extracomunitari? Forse. Ma per fortuna per noi molti lavoratori extracomunitari che svolgono i più disparati lavori con impegno, flessibilità e intelligenza, hanno scelto di abitare nelle nostre città.
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Maura Franchi
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