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Da: Ufficio Stampa Arci Ferrara

Un pacchetto di film che testimoniano il meglio della produzione sudcoreana:
The Gangster, the Cop, the Devil (lunedì 28 ottobre ore 21.00); A Taxi Driver (martedì 29 ottobre ore 21.00); Little Forest (mercoledì 30 ottobre ore 21.00); tutte le proiezioni sono in lingua originale con sottotitoli in italiano. Ingresso 5 euro.

La Palma d’Oro a Bong Joo-ho rappresenta, più che meritatamente, la punta dell’iceberg, ma il cinema sudcoreano vive ormai già da vent’anni una seconda e poderosa giovinezza. Vent’anni che il Far East Film Festival di Udine ha sempre documentato con grande attenzione distillandoli oggi nella brillante rassegna K-CINEMA assieme alla Tucker Film. Un pacchetto di quattro titoli, tre dei quali verranno proiettati in lingua originale al Cinema Boldini lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 ottobre (il quarto titolo previsto dalla rassegna, Burning – L’amore brucia, è già stato proiettato in anteprima a fine settembre): The Gangster, The Cop, The Devil di Lee Won-tae (2019), A Taxi Driver di Jang Hun (2017), Little Forest di Yim Soon-rye (2018).

Tre generi (nell’ordine: un action “vecchia scuola”, un blockbuster d’impegno civile, una commedia color pastello) e una sola tag-line: Il fascino (in)discreto della Corea del Sud. Tre diverse punte dell’iceberg, insomma, a testimoniare il meglio delle produzioni recenti e l’incredibile ricchezza creativa di un’industria che ha raggiunto il quinto posto del box office mondiale.

“The Gangster, the cop, the devil”
Le vie dell’action-thriller sono infinite, o quasi, e il cinema sudcoreano le sa percorrere a occhi chiusi. Dal punto di vista delle strutture narrative e, naturalmente, dal punto di vista stilistico. Pensiamo a The Chaser. Pensiamo a The Man from Nowhere. Pensiamo ai tanti cult che gli appassionati conoscono a memoria. The Gangster, The Cop, The Devil, però, non si accontenta e moltiplica tutto per tre: l’elemento crime, l’elemento poliziesco, l’elemento noir. Più che l’ennesima variazione sul tema, un appassionante – e divertente! – virtuosismo pop. La storia di un’alleanza spericolata tra uno sbirro e un bandito, impegnati a costruire una tregua per neutralizzare un serial killer. Chi sono i buoni e chi sono i cattivi?

“A taxi driver”
La mente corre a De Niro e Scorsese, certo, ma questa non è la New York degli anni ‘70: è la Seoul degli anni ‘80. Jang Hoon ci fa salire su un taxi e ci (ri)porta nel buio di Gwangju, dove sta per esplodere la grande rivolta popolare contro la dittatura di Chun Doo-hwan. Dieci giorni di lotta, dieci giorni di feroce repressione. Il 18 maggio 1980 rappresenta ancora una ferita aperta, nel cuore della Corea del Sud, e i dodici milioni di spettatori che hanno applaudito A Taxi Driver lo dimostrano. Blockbuster o inno civile? Un inno civile che parla il linguaggio del blockbuster, affidandosi – tra lacrime, risate, azione – al gigantesco Song Kang-ho: il pupillo di Bong Joon-ho da Memories of Murder a Parasite.

“Little forest”
Tratto da un manga giapponese, ma adattato allo stile narrativo sudcoreano, Little Forest racconta (anzi: dipinge) con sorprendente delicatezza la storia di una fuga e di una rinascita. La fuga e la rinascita della giovane Hye-won, in crisi professionale e sentimentale, che abbandona la frenesia della metropoli per imparare la lentezza della vita rurale. I codici e i segreti dell’essenzialità. Little Forest è uno sperduto villaggio dove le radici (emotive) dell’infanzia corrispondo alle radici (fisiche) della terra. Little Forest è una piccola cucina dove i nudi frutti dell’orto diventano golose ricette conviviali. Abbiamo bisogno di tanto altro, per essere felici?

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