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#JeSuisJeanPaul

Tempo di lettura: 5 minuti

Oggi è l’8 dicembre e l’8 dicembre, si sa, è una nota festa della Madonna.
Ma l’8 dicembre è anche l’anniversario della morte di quel tipo che una volta proclamò, lui e i suoi amichetti, “più famosi di Gesù Cristo”.
E quest’anno sono 35 anni tondi tondi.
Questo però è anche un anno in cui sentiamo soffiare una certa puzza di marcio, soprattutto in questi giorni.
E’ una #vignetta già vista, con ‘sto vento puzzone che da domenica, dalle Alpi, ha appestato notevolmente l’aria.
Allora prendo in mano Le Pen, mi metto a scrivere e colgo la palla al balzo per parlare di un ragazzo che si chiamava Jean Paul.
E Jean Paul, in fatto di puzza e Tramonto dell’Occidente (cit.) aveva le idee ben chiare.
Anche se non era francese.
Quindi, visto che non ho voglia di #vignette #triteeritrite farò ciao ciao con la manina a Bono Vox, a John Lennon e al pianista che suona ancora Imagine là davanti al Bataclan.
Questa colata di melassa non ci aiuta per niente a rimanere lucidi in momenti come questi.
Sono amarissimi e allora oggi via con una storia amarissima.
Jean Paul era un ragazzo un po’ agitato in fissa con i Queen e con Bowie cresciuto in una situazione familiare non proprio rosea.
Quando Jean Paul ha 11 anni suo fratello muore di overdose e qualche anno più tardi, quasi per caso, sua sorella gli dice che il suo vero padre era un marinaio svedese che non si sa che fine abbia fatto.
In più sua madre gli scanchera dietro tutto il tempo.
Una situazione parecchio simile a quella del piccolo Lennon.
In tutto questo Jean Paul non suona una cippa ma si mette a leggere roba come Nietzsche, Spengler, Hitler e Charlie Manson.
Roba che alla lunga non gli farà troppo bene.
E infatti nel 1976 lui e il suo migliore amico vengono cacciati da scuola perchè fanno un sacco di casino e si fanno un sacco di acidi.
Ma mantengono comunque una loro lucidità.
Capiscono benissimo l’aria che tira e decidono di mettere su una band anche se non sanno praticamente suonare.
Così, nel 1977 fanno uscire il primo singolo punk della West Coast a nome Germs.
Anche se li registrano in garage con mezzi davvero poveri, quei due pezzi ancora oggi suonano belli freschi e in un modo tutto loro, ancora avanti anni luce.
Da lì, attorno ai Germs inizia a crearsi un culto che diffonderà il punk rock in tutta la California (e non solo) a colpi di concerti a metà fra i vecchi Stooges e quella roba che alcuni chiamano teatro o performance.
Jean Paul inizia a farsi chiamare Darby Crash, inizia a farsi un sacco di eroina, i concerti si incasinano sempre di più e dopo un po’, i Germs si fanno una reputazione pessima.
Darby perde sempre di più la brocca e fra le pere e tutto il resto ci finisce ancora più sotto con il trip del martirio.
Nel 1979 però i Germs riescono comunque a fare un album, prodotto addirittura da Joan Jett.
Nello stesso anno Penelope Spheeries gira un film che diventerà un classicone, The Decline of Western Civilization.
Il film contiene parecchi spezzoni di live dei Germs ma per filmarli Penelope Spheeries è costretta ad affittare lei stessa i locali perchè a parte il pubblico nessuno vuole i Germs.
Dopo poco Darby se ne va in Inghilterra per un un po’ e quando torna scopre che i Germs sono frantumati.
Riprova a buttare su una band a cui appioppa il suo nome ma non va molto bene.
Allora inizia a fare i buchi nella schiena ai suoi ex compagni e alla fine riesce a convincerli a riformare i Germs per un’ultima data, il 3 dicembre 1980.
A detta di chi c’era pare sia stato il loro miglior concerto di sempre.
Per chi lo volesse ascoltare è tutto su YouTube.
Darby però non lo dice nemmeno ai suoi compagni di band ma la sua vera intenzione era una sola: prendere i soldi del concerto, prendere un sacco di eroina e morire sparandosela insieme a una sua amica dopo uno strano patto.
Non so se volesse davvero montare un gran casino come si dice.
In tutta questa tristezza l’ulteriore tristezza è che Darby ottiene sì il suo martirio (la sua amica però sopravvive) e, beffa sulla beffa, tutto ciò accade il 7 dicembre 1980.
Risultato: Darby non se lo caga praticamente nessuno perchè come sappiamo tutti l’8 dicembre sparano a quello più famoso di Gesù Cristo.
Tutta ‘sta roba a 22 anni.
Potremmo bollare Jean Paul come uno sfigatone fatto e finito e dio solo sa quanto era fatto e forse anche quanto, solo a 22 anni, finito.
Però resterò sempre stupito per quanto ‘sto tipo fosse acuto con la penna e col microfono ma al tempo stesso ottuso con tutto il resto il resto.
Quindi ciao ciao idiota.
E grazie per quella tua paradossale lucidità.

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Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)