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Un tavolo, una sedia. Un paio di pantofole. Non c’è altro sul palcoscenico del Teatro Off, ma la stanza si trasforma durante la narrazione, per riempirsi di oggetti e storie, quelli delle due protagoniste e degli invisibili personaggi che entrano, più e meno fugacemente, nelle loro vite. Dalla porta a destra del palcoscenico entra Roberta Pazi, interprete dei due personaggi femminili di “Sola in casa” e “Spogliarello”, due monologhi di Dino Buzzati, adattati per la regia di Giulio Costa, in scena questi sabati sera al Teatro Off.

Sono Madame Iris, cartomante sola e ansiogena terrorizzata dal killer che sta facendo strage di prostitute nella via in cui abita, e Velia, spregiudicata donna che campa di espedienti, alle spalle degli uomini, cadendo infine in uno stato di follia. Iris cerca, ascolta, titubante e sospettosa, guarda la pioggia cadere dalle finestre enormi che danno sulla strada buia. Velia pretende, urla, osa, tradisce e provoca; ha speranza, è sempre in ritardo con i pagamenti. Tra le due, nessuno stacco, nessuna pausa. Solo “Mes amis, mes copains” cantata da Catherine Spaak.
Iris si trasforma in Velia, nel caos di un palcoscenico già predisposto al disordine e alla rincorsa, imbrattato di carte da gioco e tovaglia; epilogo della presa di consapevolezza di Iris, e preludio dell’affannata rincorsa verso qualcosa che non troverà.
A fine spettacolo abbiamo chiesto all’attrice qualcosa sui personaggi da lei interpretati: “Sono personaggi attualissimi; soprattutto Velia, è una donna che può trovare collocazione anche ai giorni nostri.” racconta Roberta Pazi. “Madame Iris e Velia sono due donne diametralmente opposte – continua – e paradossalmente è proprio questa opposizione che ha facilitato il creare un legame tra due figure così differenti, creando una complementarietà tra i due personaggi così differenti.”
Iris è barricata in casa, introiettata in un mondo suo, un guscio ovattato, protetto dai quattro muri che fanno da scudo alla sua anima, similmente allo scarafaggio che rincorre per tutto il pavimento. Le carte con cui legge la vita sono un placebo alle sue paure, alle quali in realtà non crede neppure lei, nonostante ne abbia fatto il proprio mestiere.
Velia è ingorda e calcolatrice, proiettata all’esterno, si prende – o cerca di prendersi – ciò che vuole; si butta nella vita in modo viscerale, vorrebbe divorarla salvo poi esserne divorata essa stessa, dagli errori che commette, dal modo in cui usa le persone e dalla speranza di cambiare finalmente vita, salvo finire dimenticata e sola, impazzita”.

Pur vivendo vite agli antipodi, in sfere caratteriali ben connotate, entrambe si illudono: Madame Iris è lusingata dal finto interesse che l’orologiaio, in realtà il killer, mostra nei suoi confronti; Velia tenta di rifarsi una verginità morale aprendo un bar, che però sarà spazzato via dai debiti. Entrambe, al termine delle loro travagliate storie, trovano la liberazione: Iris dalle sue paure, Velia dal suo orgoglio.
Sono ben differenti anche i modelli e le suggestioni attraverso cui vengono caratterizzate le due protagoniste: “Mi sono ispirata a Franca Valeri per caratterizzare il personaggio di Iris: le attese, le pause, i tentennamenti buffi e ironici, il tono esitante, quasi da maestrina. “Venere in pelliccia”, nella versione di Roman Polanski tratto dall’omonimo romanzo erotico di Leopold von Sacher-Masoch, è invece stata l’ispirazione per il personaggio di Velia”.

“Tranne che il buio” sarà in scena sabato 6 e 20 dicembre alle ore 21 al Teatro Off di Viale Alfonso I d’Este, 13 nell’ambito della rassegna di monologhi intitolata “Ricomincio da uno” [vedi].

Foto di © Daniele Mantovani

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Giorgia Pizzirani



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