Intervento, a cura di Patrizio Fergnani, all’avvio del percorso “Nuovi diritti, Nuove famiglie”
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da: Associazione Nazionale Famiglie Numerose, Coordinamento Provinciale di Ferrara
Intervento, a cura di Patrizio Fergnani, all’avvio del percorso partecipato del Comune di Ferrara “Nuovi diritti, Nuove famiglie”, 31 marzo 2015
L’intervento in qualità di coordinamento provinciale dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose è costituito da una domanda, una richiesta di dati, una considerazione, una metafora.
Prima di iniziare chiedo che venga allegato alla documentazione presentata oggi il documento “10 buoni motivi per non sposarsi in Italia” a cura delle ACLI provinciali di Brescia http://www.aclibresciane.it/risorse/allegati/1371-libretto10buonimotivixnonsposarsi2013.pdf
La domanda. “Cosa può fare davvero il Comune?”
Il percorso prevede un ragionamento sul registro delle unioni civili: già il Sindaco nella sua introduzione ha affermato chiaramente che “Gli Enti Locali non hanno potestà legislativa sullo stato civile”. Evitiamo quindi di creare aspettative destinate a non trovare risposta, alimentare visioni demagogiche diffondendo disinformazione o, in ultima analisi, forme di diseducazione civile.
- La richiesta di dati. Ci troviamo oggi a Ferrara: sembra una banalità ma è determinante non perdere di vista la situazione attuale della nostra città. Non vedo in sala e non trovo nel materiale contributi dall’Ufficio Statistica del Comune: loro sono in grado di fornirci i dati demografici e culturali sulla nostra città per aiutarci a leggere il presente ed il futuro di Ferrara.
Ad esempio, per il presente: quante convivenze vengono registrate come “famiglie anagrafiche” (“un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi” ) che si distinguono, quindi dalla convivenza motivata da altri tipi di rapporto (ad esempio persona anziana e badante) che, infatti, danno vita a più famiglie anagrafiche. Ufficio Statistica o Stato Civile del Comune dovrebbero avere senza grandi problemi questi dati. Chi già dichiara all’origine di avere legami con la persona con cui convive rappresenta un punto importante di conoscenza sul tema che vogliamo affrontare.
Quante famiglie anagrafiche diventano poi matrimoni? Dopo quanto tempo?
Quali dato oggettivi esistono sulle convivenze fra coppie omosessuali? Quante sono, con quanti minori coinvolti?
Per il futuro: quali sono gli scenari nei prossimi 10 – 20 anni? Con chi faremo “convivenza” se saremo sempre in meno e sempre più vecchi? Già oggi oltre il 26% degli abitanti del Comune di Ferrara ha più di 65 anni e ogni giovane al di sotto dei 15 anni ha “sulle sue spalle” quattro anziani. Ha senso parlare di regole delle unioni civili oggi senza guardare alle sfide che ci proporranno gli scenari futuri…considerando anche la rivoluzione culturale che stiamo vivendo anche grazie alla presenza sempre più massiccia di altre culture (anche se meno presenti a Ferrara che nel resto del nord Italia)?
La considerazione. Non è chiaro verso quali forme di tutela delle unioni civili si stia andando. Mi sembra evidente che non si debba discriminare creando “nicchie di protezione” (che credo non interessino a nessuno) bilanciando i diritti con gli obblighi sociali, quelli, in particolare che gravano su chi oggi si sposa.
E’ sotto gli occhi di tutti che il matrimonio è un istituto che non interessa più: nel 2010 a fronte di 1.000 matrimoni ce ne sono stati 307 finiti in una separazione e 182 in un divorzio…in totale il 49%. La durata media di un matrimonio è oggi di 15 anni.
Non è questa la sede per approfondire questa analisi ma il dato di fatto, oltre ogni immagine ideale, è che il matrimonio non conviene. Il sistema fiscale e tariffario italiano è fatto apposta per punire chi decide di sposarsi (si veda il documento delle ACLI di Brescia).
La gente lo ha già capito da tempo. Ognuno di noi conosce sicuramente coppie che aspettano di “regolarizzare” la loro unione quando non hanno più bisogno di benefici che la convivenza oggi concede loro. Nella nostra Associazione è ancora presente il dibattito se non sia il caso di fare un gesto eclatante di separazione collettiva (c’è già chi ha provveduto individualmente)…nel caso della mia famiglia ci sarebbe un risparmio mensile di circa 400 euro.
Già oggi, quindi, chi può scegliere, utilizza lo strumento che offre più tutele dal punto di vista economico evitando il matrimonio che è comunque un importante gesto di impegno nei confronti della società.
Cosa cambierà adesso?ci saranno altri benefici a favore delle convivenze o saliranno sulla stessa barca della famiglia “tradizionale” da cui sono sempre scappati? Se le convivenze avranno ancora un sistema migliore cosa resterà della già bistrattata “vecchia famiglia” (già resa sterile e marginale) su cui comunque ricade, nella migliore delle ipotesi, il 70% del Welfare (come evidenziato dallo studio della Bocconi presentato qualche giorno fa a Palazzo Bonacossi)?
Alle “nuove famiglie” si applicherà l’ISEE in cui le persone oltre la prima valgono da 0, 57 a 0,35?
Si applicherà la normativa per il ticket sanitario della Regione Emilia Romagna in cui è privilegiato chi ha redditi separati rispetto a chi vive insieme?
Queste considerazioni valgono per le convivenze eterosessuali in cui onestamente vedo una scelta molto pratica rispetto alle alternative che si hanno comunque a disposizione: ripeto, credo che i diritti vadano bilanciati con gli obblighi sociali…l’ideale sarebbe alleggerire il peso attuale sulle famiglie già costituite ridistribuendolo grazie alla costruzione di un adeguato sistema legislativo e fiscale per le convivenze.
Diverso è il ragionamento per le convivenze fra omosessuali: qui le alternative, attualmente, non ci sono e la soluzione non compete al Comune…bisogna essere chiari: il riferimento è una legislazione nazionale su cui il Comune può avere un ruolo di “pressione” ma non certo di gestione autonoma senza che il quadro legislativo si modifichi.
Quando poi si arriverà ad applicare alle convivenze fra persone dello stesso sesso le medesime regole oggi in vigore per le famiglie, anche i movimenti omosessuali si accorgeranno delle penalizzazioni a cui sono sottoposti: immagino che in quel momento saremo tutti dalla stessa parte a rivendicare un sistema più equo in un momento pubblico chiamato “Family day pride”.
La metafora finale
Prendo a spunto un brano del vangelo “la pecora smarrita”.
“Il pastore lascia le 99 pecore per andare a cercare quella che manca. Giusto…
In questo caso si dimentica di mettere al sicuro le altre 99 e quando torna non le trova più: stremate, affamate, sbranate, perse…per mancanza di tutela.”
Così in questa dinamica fra “nuovo” e “vecchio” manteniamo la tutela per tutti quelli che non ce la fanno indipendentemente dall’etichetta: non dimentichiamo, ad esempio, che il 25% delle famiglie numerose vive già sotto la soglia di povertà. Come facciamo a tirare avanti? Abbiamo imparato a non lamentarci e a rimboccarci le maniche.
Anche per questo siamo qui oggi, siamo a disposizione per offrire la nostra esperienza quotidiana di accoglienza, solidarietà, sobrietà e tenacia.
C’è bisogno di prepararsi alla convivenza facendo tesoro delle esperienze di chi nello stare insieme ha investito la maggior parte della propria vita…è la nostra storia e la offriamo a tutte le realtà che ne hanno bisogno, indipendentemente dalle etichette.
ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE NUMEROSE
Patrizio Fergnani e Fabrizia Bovi
Coordinatori per la Provincia di Ferrara
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