INTERVENTI
La collezione di Vittorio Sgarbi per resuscitare Ferrara città morta d’arte e cultura
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di Federico Di Bisceglie
Certamente il critico d’arte Ferrarese Vittorio Sgarbi, non è universalmente noto per la sua pacatezza, ne tantomeno per le parole e le espressioni gentili con le quali si rivolge a chi si oppone alle sue idee. In linea di massima l’opinione pubblica lo condanna per i suoi comportamenti e per le sue idee, molto spesso positive, ma possono risultare talvolta avventate e non di facile realizzazione. La città che gli ha dato i natali, l’ha sempre in un certo senso “tollerato”, ma mai amato, anzi spesso è stato oggetto di polemiche.
In questi giorni, a seguito del grande successo che sta avendo la sua mostra a Osimo “Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi” – 6000 visitatori dall’apertura della mostra – il critico d’arte ha proposto di accogliere a Ferrara le opere della fondazione che porta il suo nome e quello della madre, per la precisione a Palazzo Prosperi-Sacrati. A onor del vero la proposta è stata suggerita allo storico dal Ministro della cultura, il conterraneo Dario Franceschini, almeno stando alle dichiarazioni di Sgarbi. La scelta del luogo nel quale istituire il museo ospitante la collezione Cavallini-Sgarbi è stata operata dal critico presumibilmente poiché, da grande amante dell’arte e della cultura, vedendo le condizioni disastrose nelle quali versa il palazzo, ha ritenuto opportuno unire due obiettivi per ottenere un grande risultato: il restauro di un palazzo meraviglioso e la conseguente creazione di un museo. Purtroppo in questi casi, l’invidia, l’arroganza e i rancori nascosti da tempo, ma che all’occorrenza ritornano, giocano un ruolo fondamentale, e danno adito a incomprensioni e malintesi che molto spesso non avrebbero nemmeno senso di esistere. A scagliarsi contro il professor Sgarbi sono stati due figure di spicco dell’ambiente culturale ferrarese: Ranieri Varese, storico dell’arte ed ex direttore dei musei civici, e il vicesindaco e assessore alla cultura Massimo Maisto.
Varese ha obiettato il fatto, forse con un fondo di verità, che il restauro del palazzo sarebbe troppo oneroso; inoltre ha affermato, qui esponendosi in maniera evidentemente critica, che non sarebbe opportuno creare un museo stabile unicamente per ospitare le opere della fondazione Cavallini-Sgarbi. Il vicesindaco rimprovera lo storico dell’arte Sgarbi definire “morta” la città di Ferrara, mettendone addirittura in discussione la preparazione culturale. Fortunatamente a tacitare le acque è intervenuto il sindaco Tiziano Tagliani, che attraverso la grande diplomazia che lo contraddistingue, ha dichiarato che prenderà seriamente in considerazione l’ipotesi di ospitare a Ferrara la mostra e di vagliare progetti futuri in relazione alle opere attualmente a Osimo; tra l’altro sostenuto in questa posizione dal dirigente della Camera di Commercio di Ferrara, anch’egli favorevole alla seria valutazione dell’ipotesi presentata da Sgarbi.
Non è la prima volta che a Sgarbi viene negato ‘l’accesso’ alla città, sebbene il suo continuo e assiduo lavoro sia di spessore culturale elevatissimo e sia molto spesso volto alla valorizzazione del patrimonio artistico, in particolare degli autori erroneamente definiti “minori”. Basti pensare ai suoi interventi settimanali sull’inserto del Corriere della Sera, “Sette”. Come ha già sottolineato il sindaco Tagliani, i “no” aprioristici non hanno alcun senso e non portano a nessun risultato, ma questo episodio, in caso ce ne fosse bisogno, è un lampante esempio di chiusura mentale tipica di questa città (con le dovute eccezioni), e di conseguenza dell’amministrazione, poichè ancora non si è entrati nell’ottica di concepire il patrimonio artistico e culturale come tesoro, da sfruttare e da valorizzare, anche e direi soprattutto ai fini economici, perché ‘l’industria dell’arte’ è l’unica autentica ricchezza che l’Italia possiede.

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Redazione di Periscopio
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani