Una riflessione sulla rete come ambiente e sulle implicazioni che ciò comporta a livello cognitivo, identitario, relazionale: questo l’intervento di Maura Franchi ieri pomeriggio alla sala Agnelli della biblioteca Ariostea.
Il punto di partenza è considerare internet non più come uno strumento che si può decidere di usare o non usare, ma iniziare a considerarlo un ambiente, cioè “qualcosa di imprescindibile, perché non possiamo fare a meno di abitarlo”. È un passaggio che i cosiddetti nativi digitali non hanno più nemmeno bisogno di fare perché il loro uso delle tecnologie è del tutto intuitivo, non è una questione anagrafica, ma di capacità: la “discontinuità” è segnata dal fatto che l’utilizzo delle tecnologie digitali ormai “è inscritto nei loro schemi mentali”.
La questione diventa quindi essere consapevoli dell’ambiente in cui ci muoviamo, saperne riconoscere sia i rischi sia le opportunità, e compiere così il passo successivo: “dal rifiuto e dalla paura all’inclusione e alla cittadinanza”.
Quali sono dunque le implicazioni a livello di identità e di relazioni? Ormai abbiamo superato la distinzione on/off line, siamo continuamente ‘all line’, per questo la rete è diventata il luogo non solo della “narrazione del sè”, ma della nostra “costruzione identitaria”: l’identità perciò non si forma più attraverso l’interazione con gruppi sociali ben definiti, ma attraverso la condivisione con un numero ampio, aperto e indefinito di persone. Il risultato è un’identità senz’altro più fluida e plurale, ma più precaria e incerta. È infatti inevitabile chiedersi se l’aumento di persone con cui entriamo in contatto significhi una maggiore libertà di confrontarsi con diverse prospettive, oppure implichi il rischio di essere spinti verso identità preconfezionate, perché internet registra ciò che si fa e dice ciò che si vuole. È probabile che siano vere entrambe le cose e che l’importante sia rendersi conto che sta a noi utenti, per rimanere nella metafora dell’ambiente, decidere quale strada prendere. In altre parole la rete è evidentemente una risorsa di relazione, ma è necessario essere consapevoli che la distribuzione di capitale sociale rimane ineguale, da qui la necessità di possedere competenze sociali per gestire i diversi contesti e il moltiplicarsi delle interazioni.
L’altra domanda che si è posta Maura Franchi è che tipo di ambiente sia la rete: è “il paese dei balocchi”, ma non nel senso che forse molti di voi immagineranno. Il web è “un luogo ricco di stimoli”, “non completamente riferito al qui e ora del quotidiano”, in cui avviene “uno spostamento simbolico e pratico verso un’area ludica” e “un’ibridazione gioco-vita”. Il punto di contatto con il processo di apprendimento è “l’eterna sorpresa”: in fondo l’apprendimento è anche “la sorpresa, la meraviglia di conoscere una cosa che prima non si sapeva”. Perché non cercare di sfruttare tutto ciò come molla all’azione e all’apprendimento informale? La chiave è insomma stimolare pratiche condivise e un uso generativo, non passivo, della rete.
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Federica Pezzoli
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