INTERNAZIONALE
A Internazionale 2015 l’erede di McLuhan
Il massemediologo canadese Derrick de Kerckhove, probabilmente il più grande scienziato dei media vivente, degnissimo erede di quel Marshall McLuhan che rivoluzionò fin dagli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso l’analisi strutturale delle comunicazioni di massa, dall’era di Gutenberg alla Costellazione Marconi, dalla cultura tipografica alla nuova cultura elettronica, in particolare dai giornali alla televisione e alla nascente all’epoca civiltà elettronica. De Kerckhove è un altro rivoluzionario, come ha spettacolarmente dimostrato nel dibattito “Mercato Digitale” di cui è stato protagonista il 3 ottobre nell’Aula Magna di Giurisprudenza, nell’ambito di Internazionale 2015. L’uomo elettronico e il business dopo Internet e le nuove tecnologie, questo il tema dell’incontro. Con de Derkhove anche altri brillanti esperti e ricercatori tutti italiani (anche giornalisti): Nicolò Cavalli, Dino Pesole, Lucilla Sio, Stefano Feltri. Tutti concordi nel denunciare certo iato strutturale passatista e defuturizzante in Italia tra l’era delle nuove tecnolgie, i suoi effetti sul/nel/dal nuovo mercato digitale e il bel paese, sempre, contemporaneo attardato.

Alla fine, De Kerchove ci ha gentilmente concesso una breve ma significativa, rapidissima, futuristissima intervista, in perfetto italiano (è da anni anche nel nostro paese come docente di Sociologia dei Mass Media all’Università Federico II di Napoli)
Derrick, Umberto Eco negli anni Sessanta, scrisse una breve saggio su Marshal McLuhan, presentandolo in Italia. Oggi, Eco scriverebbe le stesse parole o diversamente?
Bella domanda! Eco scrisse non favorevolmente su McLuhan, anche sarcastico, un poco misteriosamente. Come pioniere innovativo della nuova scienza dei media, come noto, entrò in competizione con Marshall McLuhan, furono parole solo comprensibili in tal senso, narcistiche.
Derrick, alla luce del 2000 e le nuove tecnologie, chi ha vinto…?
Sorridendo:… Marshall McLuhan!

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Roby Guerra
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)