Non c’è bisogno di impegnarsi in grandi, eroiche azioni per partecipare al processo di cambiamento. Piccoli gesti, se moltiplicati per milioni di persone, possono trasformare il mondo (Howard Zinn)
La storia e le storie sono fatte di personaggi, hanno protagonisti ed eroi o eroine, da Giulio Cesare a Napoleone, da Cleopatra a Caterina di Russia, da Achille a Luke Skywalker passando per Anna Karenina. E tutti gli altri? Le persone, le comunità, le collettività? Howard Zinn ce lo ha dimostrato la storia cambia se la si narra da un diverso punto di vista: non i padri fondatori ma i nativi americani, non le élite bianche ma gli afroamericani.
Purtroppo anche il nostro tempo è dominato dai singoli, dalla voglia di essere protagonisti, dagli uomini forti, e le avventure di gruppo, le esperienze di comunità non vengono (abbastanza) narrate. Le esperienze, o meglio le rivoluzioni, collettive, dal basso, ‘grassroot’ come direbbe chi vuol essere ‘internazionale’, sono stati al centro dell’incontro ‘Noi siamo tempesta. Cambiare il mondo si può, anche quello dell’economia e della finanza. Dal basso e tutti insieme’ all’interno del programma del Festival di Internazionale a Ferrara.
Il titolo è lo stesso dell’ultimo libro di Michela Murgia (Salani, 2019) che – da brava antropologa – è andata a cercare e ha scritto di “imprese mirabili compiute da persone del tutto comuni che hanno saputo mettersi insieme e fidarsi le une delle altre”. Con lei sul palco del cinema Apollo sabato pomeriggio c’erano Jordi Ibáñez della Fundación finanzas éticas, Anna Fasano di Banca Etica e Alexander Fiorentini di Fridays for future. Cosa hanno in comune? “Ciascuno di loro – afferma Murgia – fa qualcosa che da soli non potrebbero mai fare”.
Fundación finanzas éticas e Banca Etica sono nate proponendosi di portare l’etica e la solidarietà all’interno di un sistema governato solo dalla massimizzazione del profitto. Le regole secondo cui giocano sono: non il capitale e la speculazione ma il credito e la valorizzazione dei territori e delle competenze, non il costo o il prezzo ma il valore, non la massimizzazione del profitto ma la cooperazione e l’azionariato diffuso. Bisogna essere consapevoli e responsabili, è necessario fare scelte basate su qualcosa che non sia il profitto e dire “no” quando si tratta del finanziamento di armi, nucleare, sfruttamento della manodopera.
Fridays for Future fa un passo in più e non tenta di cambiare le regole di un sistema lavorando da dentro, vuole proprio scardinarlo perché agli occhi di questi giovani “il tempo della mediazione è finito, non abbiamo più tempo”, afferma Alexander. “Dalla rivoluzione di classe alla rivoluzione in classe”, scherza Michela Murgia, quando Alexander – che usa sempre il ‘noi’ – sottolinea: “non colpevolizziamo le persone comuni, i singoli, ma i ricchi che continuano a vivere sulle spalle di questo sistema”. Stando a quello che dice Alexander, hanno accettato la sfida del mondo nel quale vivono e stanno crescendo: usano i social per mobilitarsi, ma poi ci mettono la faccia e tutto il loro essere nelle manifestazioni che organizzano, escono dall’isolamento virtuale per dar vita a un movimento complesso sostenuto da una rete mondiale, le risposte semplici non interessano, “vogliamo tornare a essere complessi”. E sanno benissimo quando si tenta di strumentalizzarli o di disinnescare il potenziale della loro lotta: “ci fa piacere che il Ministro riconosca il valore della nostra protesta, ma c’è un motivo se si chiama ‘sciopero per il clima’ e se la giustificazione dell’assenza da scuola è un modo per togliere il conflitto noi non ci stiamo”.
In breve: una testa un voto è il principio irrinunciabile; la pluralità e la complessità di pensieri, di genere, di esperienze è la ricchezza imprescindibile per condurre la battaglia; mettersi in gioco ogni giorno nel proprio quotidiano è lo strumento che ciascuno di noi ha per portare avanti la rivoluzione ci porterà in un mondo nuovo, in una società solidale, inclusiva, sostenibile.
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Federica Pezzoli
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