Malattie incurabili, senso di impotenza, santoni guaritori, difficoltà di informazione, medici impegnati e strutture insufficienti. Un tema difficile, che talvolta, a molti, succede di dover affrontare; per se stessi o per un amico a cui si vuole molto bene. Anche io ho sentito il bisogno di affrontare questo problema e di parlare di malattie che vengono definite terminali e contro le quali molti lottano per la guarigione. Perché viviamo insieme il presente con efficienza, efficacia, appropriatezza e serenità e perché del tema della sociologia della salute se ne parla troppo poco. Io non ho certo la competenza per parlarne, però in occasioni di tempo libero, in palestra, ho conosciuto una piacevole persona con cui ho iniziato a chiacchierare per immediata simpatia e per conoscerlo meglio. Mi ha subito detto che “Ottimismo, determinazione, amore, ragione e fede possono generare un nuovo modo di vivere”. Si chiama Massimo Tosini, sociologo e tecnico di radiologia che ha scelto di dedicare parte della sua vita a racconti di vita di molti e di se stesso, poiché anch’egli è stato paziente oncologico. Ve lo presento.
Mi ha indicato un suo sito e sono entrato a leggere. C’è scritto: “Oggi gli uomini e le organizzazioni agiscono in un contesto complesso e difficile: dopo trent’anni di vita, vissuti nel mondo della malattia, del dolore e della sofferenza in qualità di operatore sanitario, ho il ‘privilegio’ di osservare tale mondo con gli occhi del paziente oncologico. Il progresso scientifico in ambito medico, ci mette nella condizione di guarire; tuttavia, per raggiungere tale traguardo, ciò non è sufficiente. L’ottimismo, la fiducia in sé stessi e negli altri, il desiderio di guarire, non sono meno importanti dell’approccio bio-medicale. La sanità empatica, incardinata nella visione olistica, rappresenta il paradigma di riferimento per migliorare le performance dell’organizzazione sanitaria, creando quindi le condizioni per l’erogazione di un eccellente servizio alla persona.” Ha scritto alcuni libri tra cui ‘Sopravvivere a se stessi’ (con M. P. Gallo, Cleup, 2011) e ‘La comunicazione interculturale in ambito socio-sanitario’ (con M. Santipolo e S. Tucciarone, Cafoscarina, 2004).
Di recente poi ne ha scritto un altro ‘La Sanità nel XXI secolo. Meno e meglio’.  Spiega che “ il medico, ma non solo lui, non ti ascolta. Perso nei meandri dei codici e delle procedure, avvitato nella morsa accecante della specializzazione, succube del moloch della tecnologia, ha da tempo perso la coscienza, tutta umanistica prima che professionale, della sua missione. Non è così, forse? Nel campo della salute, e più precisamente della sanità, non abbiamo registrato impotenti, negli ultimi decenni, l’ennesima manifestazione del progressivo dominio della tecnica sulla scienza, vero passaggio chiave della crisi di civiltà del secolo scorso? Questo saggio sulla storia e il ruolo della radiologia (oggi cura e diagnostica per immagini), fa proprie tutte le contraddizioni di un mondo sempre più inadeguato a comprendere i bisogni di una società anziana, frammentata e fragile e propone un’ipotesi feconda di futuro. L’empatia tra operatore sanitario e paziente, il meno ma meglio, la cultura della salute e non della malattia. Infine, il tecnico e il medico radiologo non più peones di una specialità condannata a una condizione ancillare, ma co-protagonisti della sanità del XXI secolo. Vasto programma, rinnovata speranza.” 
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Andrea Cirelli
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