In questo mondo di ladri d’immagini, di sentimenti, di paure, di disperazioni, di fughe, di storie vere e inventate, gli amici di Marwan sono caduti nella trappola. Sono precipitati, oserei dire, in una trappola mediatica predisposta da abili manipolatori di comunicazione e sentimenti, presi all’amo da twitteristi (pessimo neologismo ma pare si dica così…) che giocano con le emozioni. E non ci sono caduti solo gli amici di Marwan, hanno abboccato i maggiori giornali italiani che, forse, dovrebbero verificare meglio fonti e notizie, prima di ribattere ciecamente e ripetere, quasi come un pappagallo, informazioni giunte da lontano, senza toccare-verificare-capire-riflettere-pensare.
La notizia non è attuale (risale al febbraio scorso), quando la fotografia di Marwan, un bambino di 4 anni aiutato da alcuni membri dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) mentre attraversa, apparentemente da solo, il confine tra Siria e Giordania, è rimbalzata da vari siti di notizie alle prime pagine di alcuni giornali (come La Stampa del 18 febbraio o il Corriere della sera). Tutti, compreso il sito di Al Arabiya, l’emittente degli Emirati arabi uniti, avevano scritto che il bambino era stato trovato da solo, al confine e senza la sua famiglia, perso nel deserto, partendo da un tweet mal interpretato (?!?). L’Unhcr aveva immediatamente chiarito, con altre foto, che il bambino stava passando il confine tra Siria e Giordania con la propria famiglia, e che era rimasto un po’ indietro, solo per qualche minuto.
Abbiamo voluto ricordare questo episodio, per riportare l’attenzione sul vero dramma di queste immagini, lontani da motivazioni legate a uno scoop o a un voler cercare la notizia a tutti costi. Se, tuttavia, questi escamotage servono a riportare il focus sul vero problema, di cui più nessuno parla, allora siamo disposti ad accettarli anche noi.
Perché il vero problema sta in questi profughi di cui pochi ormai s’interessano, se non in trafiletti quasi invisibili e defilati delle colonne dei giornali, accanto magari alla pubblicità di una macchina lussuosa o di un profumo colorato e provocante. Colonnine che riportano numeri di morti o rifugiati come se fossero una lista della spesa, cui non si fa più caso perché diventati la norma, quasi un’abitudine.
Noi, invece, vogliamo ricordare, oggi come ogni giorno, come tre anni di guerra in Siria abbiano costretto più di nove milioni di persone alla fuga, il più grande numero di sfollati al mondo. Le dimensioni della tragedia siriana sono inimmaginabili, soprattutto se si pensa che la metà di queste persone sono bambini innocenti che hanno visto morire i genitori o i fratelli o spesso tutta la famiglia.
Ai piccoli rifugiati siriani è dedicato un video di sensibilizzazione creato dallo street artist britannico Banksy [vedi]. La celebre “Bambina con il palloncino rosso” di Banksy diventa una rifugiata siriana che vola sulle macerie del suo Paese, immersa nella più grande emergenza umanitaria degli ultimi dieci anni: la guerra in Siria.
Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, ha anche scritto una canzone per i bambini siriani, dove un figlio disabile scrive al papà. Un figlio che ha attraversato il confine dalla Siria fino al paese vicino sulle spalle di suo padre, cosa che in questi 3 anni dall’inizio del conflitto è successa spesso. E’ arrivato sano e salvo nel campo profughi ma suo papà decide di tornare indietro… e lui lo aspetta… il resto leggetelo voi, alla fine…
E poi ci sono l’allarme dell’Unicef (oltre 2.8 milioni di minorenni siriani non hanno diritto all’istruzione) e quello delle Nazioni Unite («la Siria è il paese peggiore dove essere bambini»), i dati su traumi e abusi, che sono all’ordine del giorno per i minorenni in Siria (2 milioni di bambini siriani colpiti dai combattimenti hanno bisogno di sostegno psicologico o cure). Migliaia hanno perso genitori o insegnanti, case e scuole, e molti altri sono rimasti gravemente feriti. Molti, aggiunge l’Unicef, devono crescere rapidamente: un bambino profugo su 10 sta lavorando, mentre una bambina siriana su cinque in Giordania è costretta a sposarsi prematuramente.
Marwan e i suoi amici potrebbero essere i bambini di “Najda Now”, fondazione siriana per il soccorso umanitario e lo sviluppo, che ha organizzato una mostra intitolata “Luce contro le tenebre”, finalizzata a raccogliere dipinti e sculture realizzati dai bambini profughi siriani emigrati nel campo profughi di Chatila. Nata nella cornice del programma di supporto psicologico ai bambini siriani ospiti del campo, questa mostra è frutto di un workshop di tre mesi che, trasformando ricordi dolorosi in dipinti colorati, ha inteso dare a questi bambini la possibilità di esprimere ciò che hanno dentro, aiutandoli a sanare le ferite invisibili inferte loro dalla guerra e dall’esilio, a riacquisire un senso di sicurezza e a far conoscere al mondo le loro storie, i loro sogni e i desideri. Come svelare l’altra faccia dei bambini siriani, il volto della vita, dimostrando quanto essi siano capaci di essere creativi malgrado quanto subito. Perché i bambini sono speranza e futuro, sempre.
In ognuno di questi bambini vediamo Marwan che fugge, Marwan che viene accolto, Marwan che sogna, che disegna, che spiega il dolore e se ne libera. Marwan che ha una nuova vita. Insciallah. E noi vogliamo ricordarlo, ogni giorno.
Ciao papà, canzone di Andrea Iacomini
Ciao papà, come stai? Ricordo ancora le tue mani, forti, poggiate sulle mie, ginocchia, immobili e senza vita, alzarmi e dirmi c’è una via d’uscita.
Ehi papà come stai? Sento ancora il tuo sudore sul mio viso mentre mi portavi in braccio verso il paradiso. Mi dicevi di star calmo, io dormivo. Il confine è vicino.
Ciao Papà come stai? / Ci hai lasciato qui non dormi accanto al mio cuscino. Ma sento ancora il tuo profumo, sai? / Che hai portato via da questo campo per “tornare a casa e vedere”, mi hai detto,
Se c’era ancora Il mio letto / La mia cameretta / Il mio gioco preferito / Il mio migliore amico / La mia maglietta e / Il mio nascondiglio segreto
Ciao Papà, torna presto, sono 1000 giorni che sto qui. Sono qui che ti aspetto, qui tra le tende e l’azzurro del cielo.
Ciao papà non combattere con loro, non combattere per loro, torna a stare qui, con me / qui c’è la tua casa
Una cameretta / Un cibo caldo / La mamma, Noor e Sari / E poi ci sono io.
Ciao papà, non farti crescere la barba e stai attento. Io mi siedo ogni giorno sulle rive del campo e ti aspetto, tra le nuvole del cielo e la pioggia del deserto. Qui c’è la nostra nuova casa.
La tv a colori / I sassi per giocare / La mamma Noor e Sari / E poi ci sono io / Torna papà. Mio.
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Simonetta Sandri
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