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IN CORSIVO
Avvocata e architetta? Dante Alighieri ci prenderebbe a legnate

Articolo pubblicato il 3 Marzo 2017, Scritto da Laura Rossi

Tempo di lettura: < 1 minuto


Non si comprende come il “non declinare al femminile possa essere sessista” e che l’uso di presidente o di ministro, riferito ad una donna, sia uno svilimento del ruolo della stessa, che ricopre determinate cariche.
E’ sconcertante la femminilizzazione forzata e cacofonica di termini maschili.
I termini come avvocato, sindaco, prefetto, ministro, direttore, sono stati spesso preferiti anche dalle donne per autodefinirsi al fine di sottolineare la dignità della propria professione, altrimenti svalutata se declinata al femminile.

Per non parlare dell’effetto ridicolizzante tipico del suffisso ‘-essa’ in casi come sindachessa, medichessa, salvandosi solamente dottoressa e professoressa, già in uso da moltissimo tempo.
Perché il lessico parlato dovrebbe subire un’evoluzione? Perché una desinenza linguistica di una qualifica professionale?
A chi interessa se ad emettere una sentenza o una diagnosi medica sia un uomo o una donna?
I termini come presidenta o ministra non si possono sentire, così come avvocata, sindaca, assessora. Prefetta, poi, è semplicemente orribile.
Un ingegnere, per esempio, può essere maschio o femmina, ma non sarà la desinenza a stabilirne le capacità.

A questo punto, per par condicio, dovremmo avere l’assessoro, il geometro, l’infermiero, il pianisto, l’autisto, il piloto, e così via?
La nostra lingua italiana non può essere storpiata da chiunque, perché Dante Alighieri, a sentir architetta, potrebbe uscire dalla tomba armato di bastone e riempirci di legnate.

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Laura Rossi

Curatrice e insegnante d’arte. Ha recensito vari libri e ha collaborato con alcuni mensili curandone la pagina dell’arte come “la cultura e l’arte del Nord-est” e la pagina dell’arte di Sport-Comumi. Ha curato la Galleria Farini di Bologna e tutt’ora dirige e cura a Ferrara la Collezione dello scultore Mario Piva. Ha ricoperto per circa dieci anni la carica di presidente della Nuova Officina Ferrarese, con decine di pittori e scultori fino agli inizi degli anni duemila. Sue critiche d’arte sono pubblicate sul “Dizionario enciclopedico internazionale d’arte contemporanea” 1999/2000


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani