IL FATTO
In duecentomila per dire no a mafie e corruzione. Don Ciotti: “Urgente una riforma delle coscienze”
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Quasi quattro chilometri di strada invasi da una festante e variopinta marea umana. Gente di tutte le età, dagli 8 agli 80 anni, studenti, lavoratori, pensionati, famiglie con bambini e cani al seguito, ieri hanno percorso il cammino fra lo stadio Dall’Ara a piazza VIII agosto a Bologna, per il ventennale di “Venti Liberi”, la manifestazione in memoria delle vittime della mafia.
Cittadini, tra i quali il segretario della Fiom Maurizio Landini e l’ex-magistrato torinese Giancarlo Caselli, e istituzioni, rappresentate dal presidente del Senato Piero Grasso e dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, ma anche dai tanti gonfaloni seguiti dai sindaci presenti in corteo. “Ogni due km si possono contare circa 100.000 persone, i conti sono presto fatti: la piazza già si riempiva, mentre la coda del corteo stava ancora lasciando il Dall’Ara, siamo circa 200.000 persone”, afferma Daniele Borghi, referente d Libera Emilia Romagna. Tutti insieme per affermare con forza insieme a don Ciotti: “La nostra memoria e il nostro impegno perché finalmente la verità illumini la giustizia”.
Questo 21 marzo, infatti, non si è festeggiato solo il ventennale di Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, ma ricorrono anche i 25 anni dalla strage del 2 agosto alla stazione di Bologna e dalla strage di Ustica del 27 giugno del 1980: tutti i famigliari sono accomunati dalla richiesta di verità e, insieme a tutti i cittadini italiani, vogliono capire “perché questo Paese si porta dietro questa scia di sangue”, come ha affermato dal palco Margherita Asta, figlia di Barbara e sorella di Giuseppe e Salvatore, morti nella strage di Pizzolungo, nel trapanese, il 2 aprile 1985. “Mi auguro – continua Margherita – che questo sia l’ultimo anno in cui dobbiamo chiedere che il 21 marzo diventi per legge la Giornata nazionale in memoria delle vittime di tutte le mafie”. E dopo la memoria, di nuovo un richiamo all’impegno: “a volte ci chiediamo se questo è un paese realmente democratico”, per cambiarlo “ciascuno di noi può fare qualcosa, pensando che ogni giorno sia il 21 marzo”.
L’intervento don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, si apre con un omaggio al pontefice, che nell’edizione 2014 della Giornata della memoria e dell’impegno a Latina ha voluto incontrare i famigliari delle vittime delle mafie e che quest’oggi era a Scampia a ribadire la scomunica per chi fa parte delle organizzazioni mafiose e ad affermare che “la corruzione puzza, è putrefazione”. Papa Francesco e don Lugi Ciotti: due esempi di una Chiesa che invita a guardare al cielo “senza dimenticare le responsabilità qui sulla terra”.
Anche don Ciotti si scaglia contro i misteri d’Italia: “il nostro è un Paese di stragi, ancora in gran parte impunite, ancora troppe ombre” gravano sulla nostra storia recente, ma “la democrazia è incompatibile con il potere segreto”. Il tono della sua voce si fa ammonitorio nei passaggi sulla prescrizione, sul falso in bilancio, e soprattutto della corruzione, “il più grave rischio della democrazia, l’avamposto delle mafie”. Le sue parole sono pesanti come macigni e inchiodano la classe politica alle proprie responsabilità: “niente negoziati”, “eccessi di prudenza”, “ci sono questioni che chiedono di schierarsi”.
E infine mette in guardia: “chi non vuole una legge contro la corruzione fa un favore alle mafie”. È preoccupato don Ciotti perché ormai “non si può più parlare di infiltrazione, quella delle mafie è occupazione”, resa possibile dal fatto che “in questi anni hanno trovato porte aperte e strade spianate”. Per questo “c’è bisogno di una nuova Liberazione dalla presenza criminale e dalle varie forme di corruzione, c’è bisogno di una nuova Resistenza etica, sociale, politica”. Proprio qui nella terra di don Dossetti, uno dei padri della nostra Costituzione, don Luigi afferma con forza che la riforma più urgente non è quella della Carta Costituzionale, ma “quella delle coscienze” perché “la legalità spesso è scritta più nei codici che nelle coscienze”.
Le prime scintille di questa rivoluzione devono essere nella scuola, dove è necessario far crescere “coscienze inquiete”, che vadano alla ricerca dell’altro da sé e che abbiano il coraggio di seguire la via della verità e della giustizia anche quando è scomoda. La sua speranza sono i tanti ragazzi presenti oggi in piazza e quelli che incontra nel suo costante peregrinare per l’Italia: “giovani determinati e schierati dalla parte della giustizia e della pace”, ma allo stesso tempo “portatori di una nostalgia del futuro” perché troppo spesso le istituzioni italiane e quelle europee ragionano in termini di cifre economiche e di bilancio, piuttosto che in termini di dignità e di diritti dei propri cittadini.
In questi 20 anni, il movimento dell’antimafia ha raggiunto molti traguardi, ora per don Ciotti è giunto il momento di voltare pagina tutti insieme e mettersi ancora una volta in gioco con coraggio. Per tre volte ripete il suo “non basta”: non basta mettere una targa, non basta intitolare una piazza, nemmeno una manifestazione come quella di oggi sembra essere sufficiente. “Questi nomi ci devono scavare dentro: ci devono dare la forza e la motivazione per un impegno ancora più determinato e consapevole”. I nomi scanditi dal palco sono 1035, quelli delle vittime delle mafie e delle stragi, come 1035 sono i palloncini bianchi liberati in cielo al termine della manifestazione: ognuno porta legato un nome e passerà a chi lo raccoglie il testimone della memoria e dell’impegno.
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Federica Pezzoli
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