IL VIAGGIO DI VALENTINA (1)
25mila chilometri in bicicletta dal Vietnam all’Italia
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Periscopio e i suoi lettori possono seguire Valentina nel suo affascinante viaggio tra due continenti, dall’Estremo Oriente all’Italia. Le interviste sono state rilasciate durante un’avventura, durata 18 mesi e conclusasi poco prima del fermo pandemia. Il reportage comincia oggi e proseguirà per le prossime 9 settimane, sempre di lunedì, all’interno della nuova rubrica dedicata ai viaggi – reali e immaginari – che abbiamo voluto chiamare SUOLE DI VENTO. “Suole di vento” era il soprannome che Paul Verlaine aveva dato al suo irrequieto, intimo amico Arthur Rimbaud. Come ci hanno insegnato Conrad e Chatwin, l’inquietudine è una qualità dell’anima.
(La Redazione)
“La bicicletta è un modo di accordare la vita col tempo e con lo spazio, è l’andare e lo stare dentro misure ancora umane”, affermava il giornalista e scrittore Sergio Zavoli [Qui]. Lo sa la città di Ferrara e lo sa anche Valentina Brunet, 33 anni, proveniente da una piccola e affascinante valle nel cuore delle Dolomiti, che ha percorso in sella alla sua due ruote ben 25.000 chilometri dal Vietnam all’Italia in due anni e mezzo, dal 14 marzo 2017 al 21 settembre 2019. Uno spostamento continuo non progettato e non pianificato e forse per questo affascinante e sorprendente.
Era partita con una muta subacquea nello zaino, intenzionata a trovare un lavoretto da guida sub e si era ritrovata con una bicicletta e un sogno che si stava realizzando. Il lungo racconto che si snoda sul suo viaggio, conduce tra le distese umide del Vietnam, una rapida visita in Cina e Hong Kong, la vastità del deserto dei Gobi, le yurte mongole, l’accoglienza dei villaggi rurali senza tempo della Russia e gli scenari spettacolari della Siberia, i cavalli selvaggi, i serpenti e gli arbusti spinosi del Kazakistan, i passi montuosi del Pamir a 4.000 metri del Kirghizistan, i confini piantonati dai militari e i luoghi che ricordano i cicloviaggiatori morti per mano dei terroristi in Tajikistan e poi ancora la mitica Samarcanda in Uzbekistan.
Il viaggio di Valentina racconta ancora l’approccio con le diverse culture incontrate, l’obbligo di indossare l’hjiab, la discriminazione come donna, sola, libera, straniera, la sensazione di pericolo in alcuni momenti, la difficoltà a trovare protezione e sicurezza in contesti di ostilità, pregiudizio e, in alcuni frangenti, di aggressione verbale e fisica.
Valentina però riconosce anche il sostegno che in questi casi i social network, le persone più aperte, i compagni di viaggio occasionali le hanno fornito.
Riferisce anche del suo arrivo negli Emirati Arabi, a Dubai, il riappropriarsi di alcune comodità dopo le ristrettezze di tanto tempo, l’incontro con lo sceicco Awad, grande appassionato di turismo, e continua il suo narrarsi con l’ingresso nell’Oman, Paese dove la bellezza del paesaggio è affiancata da una visione della donna legata fortemente agli aspetti più restrittivi di quella cultura. Seguono Armenia e Georgia e, con i Balcani, le ultime migliaia di pedalate che la separano dal confine italiano, casa.
La nostra cicloviaggiatrice ricorda gli aspetti della quotidianità, dall’alimentazione alle condizioni di salute, dalle necessità logistiche alla comunicazione e ai rapporti interpersonali. Un viaggio che ha lasciato traccia profonda, innescando cambiamenti significativi nello sguardo sul mondo e in se stessa, permettendole di vivere il paesaggio e le sue popolazioni in tutti i suoi risvolti, assaporandone ogni aspetto, anche quello più scomodo.
Altri viaggi attendono Valentina, Canada e Patagonia tra i primi, non appena la situazione pandemica lo consentirà.
Gli scatti del reportage sono della stessa Valentina Brunet e dagli occasionali spettatori incontrati durante il suo viaggio.
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Liliana Cerqueni
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