Nell’ultima parte di viaggio, la cicloviaggiatrice Valentina Brunet deve percorrere i Balcani, dalla Bulgaria alla Slovenia, passando per Romania, Serbia e Croazia. Poi l’arrivo in Italia, casa.
Ormai ti separava poco – rispetto il lungo viaggio che avevi intrapreso – dall’Italia e avevi fretta di arrivare in tempo all’appuntamento al BAM Europe di Mantova, importante per te e per tutti i cicloviaggiatori. Come hai passato questa ultima tratta?
Arrivata in Bulgaria [Qui] ho realizzato che ero in Europa. Da Burgas, una città piuttosto grigia, ho preso una bella pista ciclabile, ordinata e scorrevole, avventurandomi attraverso distese di campi, dai quali l’unico segno di presenza umana era il rumore dei trattori e dei macchinari agricoli. Naturalmente pioveva. Sono arrivata in un villaggio dal nome propiziatorio, Partizani, che mi ha subito ispirato valori e amore per la collettività. Ho trovato subito alloggio in una stanzetta polverosa, ma ero contenta e soddisfatta. L’indomani sarei arrivata in Romania.
Cosa racconti della Romania?
Sono arrivata a Bucarest [Qui], dove mi aspettavano amici di famiglia. Sentivo che la scoperta dell’ignoto lasciava il posto alla familiarità. Bucarest è una città molto vivace, affollata ma piacevole. Ho rimesso a posto la bicicletta, ho assaporata una mozzarella dopo non so quanto e ho sentito aria di casa. Ripreso a pedalare, ho continuato a percorrere paesaggi rurali, incrociando carri trainati da cavalli e gente sorridente e cordiale. Sono arrivata a Calafat, una cittadina fondata da coloni genovesi, i calafati, così venivano chiamati gli operai nautici impegnati nelle riparazioni navali, che appunto le hanno dato il nome. Ho incontrato amici, ho passeggiato lungo il Danubio e ho partecipato ai festeggiamenti della Domenica delle Palme in una chiesa ortodossa, accendendo due candele, come da loro tradizione, una per i vivi ed una per i miei morti. Ho partecipato anche a una mega grigliata con agnello, distillato di prugne, dolci, musica e danze. Ma la Serbia mi aspettava il giorno dopo…
Ricordi della Serbia?
Ho continuato a pedalare sulla Eurovelo 6, la ciclovia che costeggia il Danubio con vento e pioggia, tanto per cambiare. Ho attraversato un tratto di foresta con alberi oscillanti, piegati dalle raffiche. Ho alloggiato in un B&B mentre la bufera imperversava, in attesa di arrivare a Belgrado il giorno dopo, la tratta del mio record personale: 155 km. La bicicletta continuava a darmi problemi e ho dovuto rivolgermi ancora a un meccanico. In Serbia [Qui] ho incontrato anche Pitram, l’indiano con il quale avevo fatto un pezzo di strada in passato e Stefano, un cicloviaggiatore di Verona. Da Belgrado sono arrivata a Novi Sad. Mi sentivo bene, tutto liscio come l’olio, giornate ‘perfette’. Sentivo di essermi guadagnata questa bella sensazione.
Dopo la Serbia, la Croazia [Qui].
Dopo il senso di benessere provato, ecco che arriva il crac. Durante il percorso ho sentito un grande senso di spossatezza e vampate di calore. Mi sono buttata nell’erba ai lati della strada e ho cercato di fare grandi respiri e ossigenarmi per non svenire. Scottavo, ero febbricitante e avevo anche un po’ di paura. Sono riuscita a montare la tenda e, nonostante le mie condizioni, sono riuscita a dormire. La mattina mi ero ripresa, forse era stanchezza. Ho poi alloggiato presso Marja e Darko, due splendide persone che mi hanno affidata al loro amico farmacista, il quale mi ha prescritto sali reidratanti, magnesio ed estratti per il sistema immunitario. Non potevo permettermi anche il riposo consigliatomi perché dovevo proseguire per Zagabria.
Dalla Croazia passi in Slovenia, sempre più vicina alla tua Italia.
A Lubiana ho incontrato la mia amica d’infanzia Giulia, l’amica di sempre. Giulia e il suo compagno Roberto erano già in Slovenia [Qui] e ci eravamo accordati di incontrarci. Il momento dell’incontro ci ha commosse e ci siamo scambiate un lungo abbraccio. Abbiamo trascorso una bella serata insieme e ho deciso di fermarmi un giorno in più perché ne avevo bisogno. Ho approfittato per qualche spesa, ho girato la città e ho scoperto piste ciclabili favolose e rispettate. Mi sono rimessa in marcia il giorno dopo.
Com’è stato l’arrivo in Italia?
In un countdown intenso, mi sono avvicinata al confine. In territotrio sloveno ho incontrato alcuni cicloviaggiatori italiani, con i quali ho scambiato il mio primo ‘ciao’ dopo un’eternità. E pensare che in Italia non saluta quasi nessuno! Mi sentivo svuotata, senza emozioni, con le mani avvinghiate rigide al manubrio e poi ho letto il cartello “Italja” e non mi sono più trattenute: grosse lacrime mi scendevano senza controllo, come si fosse aperta improvvisamente una diga. Ho abbracciato Rosa, la mia fedelissima bicicletta e le ho detto ‘Brava!’ per aver resistito ad ogni sorta di avventura.
Le prime cose che hai fatto in Italia?
Ho ammirato Trieste, pensando che l’Italia è davvero un bellissimo Paese. Mi è sembrato strano ritrovarmi in centro, tra persone che parlavano la mia lingua, con i suoi suoni e le sue intonazioni. Erano trascorsi 20 mesi dal Vietnam, avevo dormito dappertutto, mangiato quello che trovavo, mi sono destreggiata tra mille situazioni e ho incontrato persone incredibili, nel bene e nel male. Ero in Italia e avevo in testa un lunghissimo elenco di cose che volevo fare, bere, mangiare. Mia mamma e il suo compagno mi hanno fatto la bellissima sorpresa di incontrarmi a Trieste, quanta emozioni! E poi c’è stato quell’agoniato BAM Europe a Mantova, dove sono arrivata puntuale, dopo forsennate pedalate, il 17 maggio 2019. Ho incontrato amici bikers, Neri Marcorè e Bressan, il produttore di bici. Ho incontrato e abbracciato l’amico Dino Lanzaretti, il primo che ha creduto in me, il primo sostenitore da lontano che mi ha sostenuta, aiutata, consigliata. Mi è anche venuta voglia di girare il nostro Paese e successivamente l’ho fatto, perché mi sono resa conto che conoscevo più il Kirghizistan dell’Italia.
Cosa hai imparato nelle tue esperienze di viaggio e cosa hai capito di te?
Da quando ho iniziato a viaggiare da sola i cambiamenti sono stati tantissimi. Ho coltivato un forte spirito di adattamento, iniziativa, inventiva. Ho imparato a ridurre i miei bisogni al minimo per la sussistenza, a non avere pregiudizi, a fidarmi del mio sesto senso. Ho imparato a lanciarmi, a uscire dalla mia zona di comfort. Ho imparato ad affrontare le difficoltà con il sorriso, consapevole del fatto che tutto è transitorio, nel bene e nel male.
Come si vive il pensiero di casa e dei propri affetti dopo così tanto tempo lontana?
La tecnologia viene in aiuto per le relazioni a distanza. Whatsapp, messaggi, videochiamate aiutano ad accorciare le distanze. La distanza è relativa quando si può comunicare in ogni momento o quasi.
Altre destinazioni a cui stai lavorando, non appena possibile?
Certamente. Certo, Covid permettendo. Si ripartirà dal Canada e un pensiero alla Patagonia. Altri viaggi, altre storie…
Ripercorri insieme a Valentina Brunet il suo lungo viaggio11 dal Vietnam all’Italia, 25.000 chilometri in bicicletta, Tutte le interviste rilasciate durante il percorso le trovi nella rubrica Suole di vento.
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Liliana Cerqueni
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