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(Pubblicato il 15 luglio 2015)

Controverso. E’ l’aggettivo che meglio si attaglia alla figura di Magdi Allam. Anzi, di Magdi Cristiano Allam, il “musulmano moderato” che per 56 anni ha fatto bandiera della sua moderazione e poi si è convertito al cattolicesimo e nel plateale rito di battesimo alla – per lui – nuova religione, celebrato nel 2008 in piazza San Pietro da Benedetto XVI, ha voluto assumere il nome di Cristiano, avvertendo evidentemente l’esigenza di mostrare al mondo la bandiera del suo nuovo credo.
Oggi spiega che i musulmani moderati non possono esistere perché è il Corano – testo sacro dell’Islam – a fomentare la violenza, ed essendo il Libro stesso ‘deificato’ – e perciò indiscutibile – chi dà prova di moderazione non è un buon fedele. Non mostra alcuna simpatia per papa Francesco, una sola cosa li accomuna: la condivisa convinzione che sia in atto una terza guerra mondiale strisciante.
Ieri sera era a Ferrara per un intervento programmato nell’ambito della rassegna “Autori a corte”. Lo abbiamo incontrato e intervistato. A tavola, perché al botta e risposta che secondo gli organizzatori avrebbe dovuto svolgersi sul palco, ha preferito la formula del monologo senza interruzioni né contraddittorio. Così il dialogo si è svolto a cena.

Lei è arrivato in Italia nel 1972 e ha intrapreso una serie di collaborazioni giornalistiche. Si può definire il suo percorso professionale quantomeno originale: dal Manifesto a Repubblica, poi al Corriere come vicedirettore e ora la collaborazione al Giornale. E’ stato un transitare da sinistra verso destra, polo entro il quale dal 2008 ha sviluppato la sua attività politica: prima nell’Udc, poi in contiguità con ambienti di Forza Italia e nel 2014 aderendo a Fratelli d’Italia. Affermare che non si tratta di una traiettoria lineare più che un giudizio è una constatazione…
“Parliamo di un arco temporale di 40 anni, se uno non cambiasse ci sarebbe da preoccuparsi… Sono arrivato in Italia dall’Egitto nel 1972 con la maturità scientifica dell’istituto Don Bosco e una borsa di studio del governo italiano, mi sono laureato in Sociologia alla Sapienza e ho iniziato a svolgere attività giornalistica, che è sempre stata la mia grande passione, con una piccola agenzia che si occupava della catena di giornali locali dell’Espresso e in seguito con la “Quotidiani associati”. E ho collaborato con qualche testata locale come l’Ora di Palermo. Il Manifesto ha pubblicato qualche mio commento, ma non ho mai lavorato con loro, compare nelle biografie ma è un po’ una forzatura quella di dire che ho lavorato al Manifesto….

…L’Ora di Palermo, il cui editore di riferimento – peraltro – era il Pci, Partito comunista italiano.
“Sì era un giornale di sinistra, ma negli anni Settanta io mi consideravo di sinistra. Come dire, allora era di moda essere di sinistra. Anche La Repubblica era di sinistra. Io ho cominciato a scrivere per Repubblica nel 1979 e ci sono rimasto sino al 2003 quando ero editorialista e inviato speciale. Poi dal 2003, dopo 25 anni, raccogliendo l’invito del direttore Stefano Folli passai al Corriere della Sera come vice direttore ‘ad personam’: Il che significa che della carica avevo gli onori ma non gli oneri! (ride, ndr).

Il massimo della vita.
Ero molto stimato, senza falsa modestia posso dire che ero fra i massimi esperti di islamismo in Italia. D’altronde conosco la lingua araba ho vissuto e frequentato quei Paesi, sono in grado di leggere dall’interno quelle realtà. Al Corriere interessavano i miei articoli e quella carica era una gratifica, un modo per allettarmi e sottrarmi a un giornale, La Repubblica, dove avevo un trattamento con fiocchi e un ottimo rapporto con Ezio Mauro: pur essendo minoranza in redazione sul piano delle idee, il direttore mi difendeva strenuamente, ben sapendo che Magdi Allam era in grado di garantire al giornale un’importante fetta di lettori… Questo per quanto riguarda la stampa.

E la politica?
Per quel che concerne i partiti, non ho mai avuto tessere, con l’eccezione di Fratelli d’Italia al quale ho aderito lo scorso anno per tre mesi, a cavallo delle elezioni europee, quando loro avevano prospettato la nascita di un soggetto politico nuovo. Poi non avendo riscontrato questa novità me ne sono uscito. Non ho mai fatto parte dell’Udc, ma nel 2009 ho partecipato alle elezioni come candidato indipendente nella lista Udc del nord-ovest. Mentre nel 2014 mi sono presentato alle europee nella circoscrizione Nord-est con Fratelli d’Italia.

In precedenza aveva fondato il suo movimento…
Sì, nel 2008 ho fatto la follia di dimettermi da vicedirettore del Corriere, cosa che solo un pazzo può fare: avevo 56 anni, ero vicino alla pensione, forse potevo già andarci e invece decisi di cambiare vita. Mi ero da pochi mesi convertito al cristianesimo – il 22 marzo ricevetti battesimo, eucarestia e cresima da papa Benedetto XVI – e pensai che era venuto il momento di testimoniare i miei valori non soltanto tramite la scrittura ma anche attraverso le opere. Quindi a novembre fondai un’associazione che chiamai “Protagonisti per l’Europa cristiana”; l’anno successivo partecipai come capolista nella lista dell’Udc alle elezioni, andai bene, presi 40mila voti e per cinque anni sono stato parlamentare europeo. In questi cinque anni come giornalista ho continuato a operare scrivendo su Libero. Avevo anche una rubrica su Panorama, poi Sallusti mi ha chiamato e io sono passato a ‘Il Giornale’ (puntualizza l’articolo, tiene molto alla precisione, ndr). Con Sallusti mi trovo benissimo, lui come persona è ciò che si definisce un “gentleman”, molto corretto, perbene. Poi condividiamo le stesse idee e ha avuto il coraggio di difendermi quando sono sono stato brutalmente attaccato e addirittura sottoposto a procedimento disciplinare dall’Ordine dei giornalisti per “islamofobia”, un reato che non esiste nel nostro codice…

E poi arriva “Io amo l’Italia”, giusto?
Sì, nel 2009 ho costituito un movimento che si chiamava “Io amo l’Italia” con il quale abbiamo partecipato ad alcune elezioni locali e nel 2010 alle regionali in Basilica eleggendo un consigliere, nel 2011 di nuovo alle amministrative (io ero presente a Milano a sostegno di Letizia Moratti che purtroppo ha perso), nel 2013 ho fatto la follia di partecipare da solo alle elezioni politiche e l’esito è stato catastrofico: è stata la conferma del fatto che un soggetto politico se non ha soldi, organizzazione e visibilità mediatica non va da nessuna parte… In particolare oggi la crescita del consenso del leader si ottiene andando prevalentemente in televisione. Quindi chi veramente detiene il potere in Italia è chi gestisce le televisioni perché determina chi sarà il numero uno, il due, il tre e il quattro, sulla base degli spazi assegnati a ciascuno. Quindi se sul telegiornale a qualsiasi ora la prima notizia è sempre Matteo Renzi è evidente come si orienterà l’elettorato.
Per quanto mi riguarda, subito dopo ho ricevuto da Fratelli d’Italia l’invito a partecipare a quella che avevano definito ‘Officina per l’Italia’, con la prospettiva di dare vita a un nuovo soggetto politico (c’erano anche gli ex ministri Giulio Terzi, Antonio Guidi e Alemanno) ma poi quel progetto non si è concretizzato.

“Io amo l’Italia” oltre che il nome del movimento che ha fondato è un’espressione che lei usa spesso. Fra i concetti che sostanziano questo amore ci sono, declamati in una sorta di programma, lo stop alle moschee, all’immigrazione, l’esortazione a far nascere “più figli italiani”, l’affermazione di un diritto di “priorità agli italiani”. Non è discriminatorio tutto questo?
Vede, il Vangelo dice “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Non si limita ad esortare l’amore per il prossimo: prima di tutto dobbiamo il rispetto a noi. E poi dobbiamo intenderci su chi è il prossimo. Il prossimo è chi più ti è “prossimo”, cioè chi ti è vicino. Dobbiamo smetterla con la retorica dei migranti, il mio prossimo è prima di tutto mio figlio, che ha 31 anni ed è disoccupato. E’ di lui principalmente che io ho il dovere di preoccuparmi.

Ma lei che nutre sentimenti religiosi non avverte il senso di un’universale fratellanza?
Questo dell’universalità è un concetto che riguarda essenzialmente la Chiesa e che va sostanziato. L’universalità a mio avviso si riferisce alla dimensione dell’anima. La Chiesa non si occupa della gestione degli affari terreni, quella compete allo Stato. Quindi la Chiesa può certamente predicare la fraternità, ma io dico che questa ossessione di papa Francesco per l’accoglienza di tutti coloro che provengono dalle periferie povere del mondo sta scardinando gli assetti sociali perché si tende a immaginare che sia obbligo concedere agli altri, a prescindere dalle conseguenze. Per fare un esempio, dopo la visita del papa a Lampedusa nell’ottobre del 2013 e il suo reiterato grido “vergogna” l’Italia che allora investiva per operazioni di identificazione e salvataggio 1,5 milioni di euro al mese, ha aumentato la spesa a 10 milioni.

Ma mica può prendersela col papa, che in questo caso ‘fa il suo mestiere’. Casomai, per paradosso, dovrebbe accusare lo Stato che – stando alla logica del suo ragionamento – subisce il condizionamento della Chiesa e mostra così di non essere sufficientemente laico…
Guardi, a quei livelli nulla accade per caso. Il papa certe affermazioni non le butta lì, è tutto studiato: anche lui è un capo di Stato… Comunque io ribadisco il concetto: se l’Istat ci dice che ci sono in Italia 12 milioni di poveri e che dai 4 ai 6 milioni di italiani si mettono in fila alle mense dei poveri, noi abbiamo il dovere di preoccuparci prioritariamente di loro, degli italiani.

Lei parla spesso di laicità, però da “musulmano moderato” sette anni fa ha deciso di abbracciare la fede cattolica: questo induce a pensare che consideri l’appartenenza religiosa un fattore fondante e imprescindibile. E’ così?
Io mi considero sempre coerente con me stesso, ho dei valori che sono sempre stati gli stessi: ho sempre creduto nella sacralità della vita di tutti, senza eccezione. Certo, prima di raggiungere la maturità, durante l’adolescenza e la gioventù, in epoca nasseriana in Egitto, credevo anch’io che Israele andasse distrutto… Però poi nella fase matura, dai 25-30 anni in poi ho sempre avuto ben chiaro che pari dignità e libertà di scelta delle persone sono pilastri che non possono essere in alcun modo messi in discussione, Benedetto XVI ha coniato l’espressione ‘valori non negoziabili’, io credo siano questi.
Quindi quando da musulmano mi sono reso conto che l’Islam come religione era in contrasto con questi valori ho preso atto che si può essere musulmani moderati come persone ma l’Islam come religione non può essere moderato. E quando da cattolico mi sono trovato una Chiesa che tende a legittimare l’Islam io ho cominciato ad esprimere le mie critiche, soprattutto dopo l’avvento di questo papa e in relazione a questa sua insistenza sull’accoglienza dei clandestini.

A proposito di laicità mi interessa capire se nella sua concezione la ‘verità’ è rivelata o se invece scaturisce empiricamente dalla ricerca condotta attraverso un percorso di continue verifiche fatto di congetture e confutazioni.
Non ho una concezione di verità trascendente ma razionale. Faccio un esempio: la famiglia naturale. La scienza ci dice che la procreazione può avvenire solo attraverso il sodalizio fra un uomo e una donna, quindi su base biologica si può affermare la naturalità della famiglia tradizionale. Così quando io condanno la famiglia omosessuale lo faccio su una base di verità.

Mi sembrano cose diverse e non consequenziali. Un conto è il ragionamento sulla procreazione, altro è riconoscere a ciascuno il diritto di manifestare la propria affettività come liberamente sceglie, o no?
Allora mi spiego ancora meglio. Mi trovavo seduto su una panchina a Milano in viale Buonos Aires. Mi passano accanto due uomini che si tengono per mano, si scambiano pubblicamente effusioni. A me fa molto senso vedere due uomini così, che si baciano…

E due donne, stesso effetto?
Sto parlando di una cosa che mi è capitata, non ho visto due donne. Mi sono domandato, se mio figlio più piccolo, che ha otto anni, fosse stato qui e avesse assisto alla scena questo figlio crescerebbe con l’idea che questo sia normale… Allora: noi di fatto siamo la prima generazione di genitori che deve spiegare ai figli che ci si sposa fra un uomo e una donna e che il rapporto fra uomo e donna è quello naturale perché permette la riproduzione. Ma quello vedi in televisione è altro e tutto ormai appare lecito. Si crea in seno alla società una cultura che fa venire meno il senso della famiglia naturale. E i giovani oggi non hanno la stessa spinta che c’era trent’anni fa a mettere su famiglia.

E questo la preoccupa?
Non è che preoccupa Magdi Cristiano Allam, è un problema. L’Istat dice che in Italia il saldo fra nati e morti è di meno centomila persona all’anno.

Siamo in tanti sul pianeta, forse un po’ di denatalità non è male…
No, no, no un attimo. Non posiamo ragionare in termini di pianeta. Gli africani starebbero molto bene in Africa, se potessero ci starebbe volentieri, nessuna ama sradicarsi, ognuno sta con piacere a casa propria. Ma noi in Italia non abbiamo problemi di sovrappopolazione, abbiamo il problema opposto, siamo un Paese in calo demografico e questo porta al fatto che la nostra civiltà si va esaurendo… Il calo di natalità è stato l’inizio del declino dell’impero romano. L’Italia ha il tasso di natalità può basso nel mondo: dobbiamo favorire la nascita di nuovi italiani se non vogliamo scomparire.
Ma vorrei tornare alla sua interessante domanda sulla verità dalla quale eravamo partiti e ribadire che il mio è un concetto di verità razionale. Così anche quando difendo la sacralità della vita (così come la dignità della persona o la sua libertà) lo faccio nella consapevolezza che se ammetti un eccezione spalanchi una voragine.

Mi sta dicendo dunque che è contrario all’eutanasia?
La vita è sacra e non si può deliberatamente buttarla per una depressione. Non possiamo introdurre il principio che la vita può essere tolta. Di recente una ventiquattrenne belga ha chiesto e ottenuto l’eutanasia per insofferenza alla vita. Se si afferma che la vita non è inviolabile metti a repentaglio l’anziano o il malato che diventano un peso e un costo per la società e non servono più.

Beh i nazisti ragionavano più o meno così, ma quando parliamo di eutanasia parliamo di una libera scelta individuale non di un’eutanasia di Stato.
Ma è il principio che mi spaventa, introdotta l’eccezione hai aperto il varco. Così è pure per l’aborto, ora nella maggioranza dei casi è l’alternativa all’uso di sistemi anticoncezionali…

E sul divorzio qual è la sua opinione?
Il divorzio non c’entra niente (Allam è divorziato, ndr). Io sono per la libertà. Ci si sposa per scelta…

Sì, ma il matrimonio è anche un sacramento. E le scritture dicono “l’uomo non divida ciò che Dio ha unito”…
Va bene, ma parliamo laicamente in questo caso. Quando marito e moglie litigano e non vanno d’accordo stare insieme è sbagliato, anche per i figli.

E laicamente non è sbagliato imporre a un anziano che soffre o a un malato di continuare a vivere contro la sua volontà?
Se si apre un varco poi può passare di tutto, anche l’allucinazione del ragazzino che ha 14 anni e si vuole suicidare… Quante volte da adolescenti abbiamo fatto quei pensieri…

Lei è contro l’eutanasia ma non condanna la guerra. Gandhi ci ricorda però che dalla violenza – qualunque sia il presupposto – non potrai mi nascere nulla di buono. Lei non la pensa così?
Anche la chiesa ammette il principio della legittima difesa, la Chiesa in linea di principio non è contraria alla guerra, lo stesso papa Giovanni Paolo II definì “guerra giusta” quella dei Balcani (peraltro a difesa dei musulmani contro l’esercito serbo ortodosso cristiano comunista)

Comunista, appunto. Forse anche allora nelle affermazioni del papa c’entrava la geopolitica…
Forse…

Ma lei oggi ribadisce la necessità di combattere.
Quando uno ha visto sgozzare le persone si libera del relativismo religioso che trionfa sulla nostra sponda del mediterraneo. Di fronte alla minaccia del terrorismo islamico che sgozza dobbiamo combattere.

Non metaforicamente…
No, non metaforicamente, abbiamo il dovere di difendere la nostra civiltà e salvaguardare i suoi valori. Quella che ci attende va concepita come fase di emergenza, per non far morire la civiltà. Ci stiamo sottomettendo a un’ideologia che è agli antipodi della nostra civiltà.
Nei versetti 13 e 17 del Corano è scritto: “Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti. Colpiteli fra capo e collo, non siete certo voi che li avete uccisi è Allah che li ha uccisi”.

Ma anche nell’Antico Testamento ci sono espressioni violente…
“Ma non ci sono ebrei che sgozzano e decapitano. E poi la differenza sostanziale è che Torah e Vangeli sono concepiti come testi sacri scritti da uomini e come tali contestualizzabili storicamente e interpretabili. Il Corano invece è archetipo celeste che c’è sempre stato, opera increata al pari di Allah, quindi divino esso stesso. Il Corano dice che cristiani e miscredenti devono essere uccisi e crocefissi, per i musulmani zelanti è letteralmente così e nessuno può metterlo in discussione perché significherebbe mettere in discussione Allah.

Per fortuna non tutti i musulmani sono zelanti.
Certo, ma nella disputa teologica hanno ragione loro. Il vescovo Emil Nona, arcivescovo cristiano di Mossul in Iraq, in un’intervista all’Avvenire dell’agosto scorso a proposito dei terroristi afferma che la loro ideologia è l’Islam perché è nel Corano che si prescrive uccisione di cristiani e infedeli e i terroristi appunto sono quelli che corrispondono più fedelmente al comando dell’Islam.

E lei di questo è certo. Il suo concetto razionale di verità non si spinge sino al punto di sottoscrivere l’opinione di Zagrebelsky il quale sostiene che amico della verità è chi coltiva il dubbio e non chi osserva il dogma?
No, questo è relativismo. Non sono d’accordo. Io cerco la corretta rappresentazione dei fatti per trovare la soluzione a problemi concreti. Sono molto più prosaico di quel che appaio.

E, prosaicamente, al Giardino della Duchesse presentando il suo libro “Il Corano spiegato da Magdi Cristiano Allam” (in quel che con un pizzico di autoironia egli stesso ha definito un “comizio”), l’autore ribadisce che i più fedeli interpreti del Corano sono i terroristi, che l’Occidente non può restare inerte a guardare, paventa l’islamizzazione di Roma e invoca una reazione decisa, prefigura il rischio della capitolazione della nostra civiltà colonizzata dalla maggioranza islamica e afferma la necessità di combattere.
Dimentica però la realtà di un miliardo e mezzo di musulmani che nel mondo vivono pacificamente e non avvertono l’urgenza né la necessità di praticare le truculente pratiche evocate dal Corano. Assimilarli agli estremisti e per questo ghettizzarli genera il rischio concreto che per reazione al senso di isolamento e di condanna i moderati reagiscano radicalizzando essi stessi le proprie posizioni, finendo per coalizzandosi con i fondamentalisti. La classica storia della profezia che si autoadempie.
Non si devono quindi trascurare gli effetti che possono derivare dall’evocazione di scenari di guerra e scontri di religione e civiltà. Invece di prefigurare orizzonti apocalittici, se il problema è il terrorismo ciò che appare sensato è affrontarlo concretamente, senza indugi e con ferma determinazione. Evitando però gli orrori e gli inutili massacri, di idee e di popoli, propri di ogni conflitto armato e di ogni guerra ideologica.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada


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