Il sogno di “Astolfo” Tagliani e i prosaici oltraggi degli ingrati
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Accidenti! Che aedo il nostro Sindaco!
E sia mai che tal suo nome venga scritto con lettera minuscola, a meno che non venga seguito dal cognome: bene Sindaco, ma sindaco Tagliani, suggerisce il maestrino dalla penna rossa, quel che vi scrive, che purtroppo è aduso a, direbbe l’immenso Camilleri, ‘rompere i cabasisi’.
Leggo dunque che l’ormai annosa questione tra Ferrara e ‘Ferara’ sembra generare non stizza, sentimento non consono ad aedi di prima, seconda o altra qualità, ma giusta tenzone a lancia in resta.
Se non fosse che al fondo ancora una volta non si scorgesse, forse per mio strabismo, una volontà di difendere ciò che è stato fatto con argomenti ineccepibili dal punto di vista del fatto, del qui e ora, ma con il non vano sospetto che l’intellighentia ( ah! nome che evoca profumo di tempi passati, ah! giovanili polemiche tra Sartre e l’ideologia) provochi inutili e vane discussioni pur esercitandosi a dure critiche che, secondo la prassi non estense o di Corte, ma democratica, dovrebbero spronare a più dialogo, a più duro scontro con tutti i cittadini portatori di istanze che si riferiscano al bene comune.
Nel sogno il nuovo Astolfo – che a scanso di equivoci, all’’intellettuale’ che qui duella sta non solo simpatico, ma ne apprezza tante, se non tutte, le soluzioni – duole che non gli si attribuisca il ritrovamento del senno d’Orlando e quindi non si canti, in tutta la magnificentia dovuta, la nobile impresa di portare nel mondo la città estense con i suoi Ariosti, Boldini, Antonioni. Ma questo, e la Storia non smentisce, è obbligo e onore di chi amministra. Che poi voglia anche ottenere il pieno consenso dei cattivi che non la smettono di criticare mi pare sia un sogno difficilmente realizzabile. E qui è d’obbligo la citazione del mio più amato Maestro che, sardo di stirpe ma ferrarese d’elezione, citava con un accento dialettale tanto più strano quanto più inesatto nella pronuncia: ’brisa par critichèr’, non siamo mica nel paese d’utopia!
Che poi la lunga e onorata storia delle associazioni culturali abbia anch’essa defaillances, disguidi del possibile, invidiuzze o la prise de pouvoir, come insegnava un maestro della stazza di Rossellini, questo fa parte del gioco. E potrebbe bastare. Ma occorre collaborazione e questo non mi pare sia proprio negli intenti.
Gentile Sindaco da intellettuale a intellettuale, perché anche Lei c’è cascato proponendosi come aedo seppur in sogno, a occhi chiusi, come recita il non felice titolo di una bellissima mostra onore e vanto della città – così svelando il vero significato della poesia, cioè esprimere verità e bellezza – non è solo reclamando il positivo che si può narrare, ma è anche misurandosi col negativo, come Lei ha espresso in questa cantata, che le cose funzionano nella progettualità.
Si è lamentato in altre occasioni che noi ‘vecchiarel’ canuti e stanchi guardiamo con sufficienza le sue giovani schiere entrate nell’arengo della cultura: falsissimo! Compito di chi – e mi permetto di parlare anche a nome dei miei colleghi ( quelli veri) che hanno svolto il loro lavoro nel pieno rispetto – è proprio trovare il dialogo, sollecitarlo, anche a costo di scontri.
Ultima nota e questa volta personale. Pur avendo svolto la mia attività in una città al cui confronto Ferrara potrebbe apparire la calviniana città ideale, mi pare – anche se non starebbe a me dirlo e pur lo dico visto che in realtà sull’argomento altro non si produce che silenzio – d’avere agito sentendomi ferrarese malgré moi. Quasi una condizione naturale. Non si spiegherebbero altrimenti le mie scelte critiche, prima fra tutte la devozione a Bassani e a colei che ha portato in città l’eredità culturale del grande scrittore: Portia Prebys. Ma al presente (sarà anche quello un sogno?) la risposta decisa, spesso affettuosa, certo inequivocabile che la città mi ha offerto si riassume nel motivetto portato al successo dalle indimenticabili sorelle Bandiera: ‘Fatti più in là’.
Con la stima di sempre,
Gianni Venturi
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Gianni Venturi
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