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di Lorenzo Bissi

Viandante sul mare di nebbia è un quadro emblematico della cultura romantica.
Caspar David Friedrich è riuscito in questa tela a racchiudere tutti gli ideali e i sentimenti che in quel momento storico attraversavano l’Europa: rappresentare una Natura ostile, in cui spigolosi monti e profonde alture fanno da protagonisti, e evidenziare la piccolezza dell’uomo davanti alla vastità del mondo.
Il viandante è metafora dell’uomo che è giunto all’apice della sua conoscenza sensibile, ma non ne è soddisfatto; in una continua ricerca di qualcosa che gli dia una spiegazione, che sazi la sua sete di conoscenza e plachi i suoi impulsi irrazionali di tendere verso qualcosa di imprecisato ecco che si trova faccia a faccia con l’Infinito. Eppure questo desiderio di conoscenza non può essere a fondo esaudito per via della nebbia, che copre il panorama lasciando solo ad alcune, pochissime cime emergere dal grigio del paesaggio.
Ad un ferrarese, un quadro del genere non può non stare a cuore; egli forse non prova più i sentimenti dell’uomo ottocentesco, ma sicuramente sa bene cosa vuol dire trovarsi davanti ad un muro di nebbia. La compassione è il primo sentimento che pervade l’osservatore, che si immedesima nel protagonista del dipinto. Seguono disagio e brividi, torna in mente il ricordo di ogni singola mattinata invernale: uscire di casa, muovere due passi e essere già bagnati dalla testa ai piedi, nessun capo d’abbigliamento escluso, sentire l’umidità che colpisce non le mani o i piedi o il volto, bensì penetrare fino alle ossa, e, come gran finale, il gelido vento di dicembre che sferza sulle membra già abbondantemente infradiciate dalla densa, densissima aria cittadina.
Più poetico di così, Friedrich non poteva proprio essere.

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Redazione di Periscopio



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