di Carla Falzone
Rumeni bastardi, rumeni zingari, rumeni brutti. Ma anche: rumeni ubriachi, e “perché i rumeni vengono in Italia?” Sono queste le principali parole chiave suggerite da Google a chi cerca informazioni relative al popolo della Romania; i risultati sono frutto delle interrogazioni più frequenti formulate dagli utenti del web e delle associazioni semantiche definite da chi produce contenuti online.
Ma non basta. Il risultato ancora più agghiacciante è quello che si ottiene facendo la stessa indagine per immagini. Scrivendo “rumeno” (o “romeno”, i termini sono di fatto equivalenti) nel campo bianco del motore di ricerca più potente del mondo, nelle prime 15 pagine si ottengono quasi esclusivamente foto segnaletiche di criminali o presunti tali.
Occhi sbarrati, sguardi persi, visi devastati: è dunque questo il volto della Romania che emerge dal web. Furto di rame o saccheggi in appartamenti sono invece, nella maggior parte dei casi, gli episodi di cronaca che rendono il popolo rumeno protagonista di questa triste selezione multimediale.
Il criterio attraverso il quale Google seleziona i risultati per l’utente è quello dei “tag”, termine inglese che significa letteralmente etichetta, come quella che si appiccica ai barattoli per distinguere le spezie dolci da quelle piccanti. Ed è proprio per effetto di questi tag che – se “francese” è sinonimo di baguette, Tour Eiffel e della Rivoluzione – “rumeno” conduce a criminale. Sconcertante. Le parole sono importanti. E gli stereotipi fanno male. Anche sul web.
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Redazione di Periscopio
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