racconto di Stefania Bergamini
Jacek è un polacco di Varsavia che dorme spesso sui gradini bianchi in S. Petronio a Bologna, oppure se fortunato, ha una camera nel dormitorio in S.Donato, che divide con Julian, alcolizzato. Jacek ogni tipo di lavoro, se hai una faccenda pignola chiama Jacek lui è in grado di mettere a posto qualsiasi cosa, conosce il legno e il ferro, il marmo, la ceramica, non ha cellulare, viaggia camminando con scarpe grosse con le quali misura il mondo, giacche con cappuccio e un ombrello blu che qualcuno gli ha regalato un giorno che diluviava. Ha uno zaino con la roba estiva, quando arriva l’inverno la restituisce al Baraccano per quella invernale perché dice, mica posso girare con due zaini. Ex alcolizzato ogni mattina passa tre ore in ospedale Maggiore e chiacchiera con dottori e infermieri, fa scorta di Alcover (serve a assopire la voglia di alcool), pranza e fa pennichella sui lettini del pronto, poi ritorna in piazza Maggiore, dice, tanto posso dormire lì, “mi si è pure il cinema all’aperto” e ride.
Jacek vive la vita che vuole, ha bevuto tanto, è stato un violento rissoso, che poi racconta episodi di lui bimbo con i cugini e già il nonno faceva loro assaggiare il vino o la vodka, una sorellina che proteggeva, chissà dove è finita mi dice e guarda ho ancora tre foto e che bimba bellissima.
Ha girato il mondo con le sue gambe forti, una purezza che nemmeno un diamante tagliato perfetto, scavalcato carceri e comunità, parla e ti guarda fissamente, faccia slavata piena di spigoli, capelli corti color paglia e quell’accento forte di zinco e rame che ti ricorda un papa guerriero.
Mi dice, sai hanno ricoverato Julian il mio compagno di dormitorio, starà via un mese, e sai lui voleva vedere in tv solo cartoni animati e io dovevo uscire, non sopporto lui che beve, vomita è sporco, non sopporto la sporcizia e la debolezza, e ora questa è la mia vacanza, un mese!!!!, entro in camera, tutte lenzuola pulite, accendo ventilatore, mi tolgo i vestiti mi spaparazzo a letto con panini e bibite e guardo fino a notte i film che voglio, ho visto due volte Arma letale!! e faccio il caffè Lavazza, mica quello delle macchinette che è schifoso, mmmmmmhhhhhh, tu devi sentire il profumo!!! e chiude gli occhi. Tutto questo detto con un tale godimento estasiato, come una esatta, piccola, immensa libertà, che nemmeno i vacanzieri alle Maldive o gli ospiti di hotel a dieci stelle o i compratori di gioielli stratosferici, una felicità così precisa e invadente che pure io gli ho invidiato, un godimento gigante, totale e bambino.
Quando entra in pub viene al banco, appoggia lo zaino, mi chiede un’aranciata perché no, niente vodka vero? mi sorride e col suo accento tagliente come vetro rotto mi racconta meraviglie.
Mi insegni a vivere.
Ti voglio bene Jacek.
Mind the bright lights (Smolik e Kev Fox, 2018)
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