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Caro Sindaco,
sono un albero segato oggi al Lido degli Estensi, Comacchio (Ferrara), nel residuo dunoso miracolosamente salvato dalla riqualificazione urbanistica del 1993 che mi aveva piazzato di fianco una finta porta antica, ora demolita.
Ma quello era un manufatto: pietre, cemento, materiale inerte.
Io invece ero vivo, avevo linfa che mi scorreva nelle vene, proprio come a Lei, scorre il sangue.
Avevo radici che  succhiavano nutrimento nella terra, antica terra, memoria di un ambiente che è stato soppiantato dai palazzi, diciamolo, assai più brutti di me e dei mie fratelli. Sì perché oggi sono stato segato insieme ad altri cinque fratelli alberi che sopravvivevano nella piccola oasi dunosa in mezzo alla strada, in mezzo a quel viale che oggi si vuole riqualificare!
Segheranno altri 46 fratelli lungo tutto il viale perché noi non siamo nemmeno stati presi in considerazione nella riqualificazione, noi che da  quasi un secolo abbiamo offerto la nostra ombra, la nostra bellezza e soprattutto il nostro ossigeno, non siamo degni di nessun progetto di riqualificazione urbana!
Semplicemente tolti di mezzo, come i vecchi che muoiono abbandonati negli ospizi, esseri negletti che costituiscono solo un peso.
Andate dicendo che per ognuno di quelli uccisi ne verranno ripiantati due. Un brutto paragone mi viene in mente pensando al “per ognuno, due o cinque o dieci… erano altri tempi sì ma io c’ero, c’eravamo quasi tutti in quei tempi, giovani e forti.
Abbiamo retto al progetto dell’architetto  Pierluigi Cervellati che ci ha isolati nel confinamento della piccola duna, che ci ha compresso le radici per far posto agli obelischi, quelli vetusti e brutti che ora volete giustamente togliere.
Ma mentre i manufatti dal 1993 ad oggi sono diventati osceni noi invece siamo  diventati sempre più rigogliosi e utili! Eppure ci buttate insieme alle macerie del vecchio gazebo, insieme ai quadroni screpolati della pavimentazione e ci sostituirete con nuovi arbusti, come se a qualsiasi essere vivente potesse essere  sostituita la propria vita con quella di un altro!
Ecco è questo signor Sindaco che Lei si dimentica: che anch’io appartengo agli esseri viventi e che se Lei appartiene al mondo dei viventi è perché prima di Lei ci sono stati i miei antenati, io stesso, a darLe l’ossigeno fondamentale per respirare.
Si chiama fotosintesi clorofilliana e forse la Sua maestra a scuola non gliel’ha insegnata? Forse che da quando è Sindaco pensa di poterne fare a meno?
Ha un potere da quando è stato eletto: quello di fare le scelte per il tuo territorio, per la popolazione che amministra e davvero vuoLe prendersi la responsabilità di sottrarle una buona fetta di ossigeno?
Davvero pensa che il doppio di alberelli che pianterà non si sa dove – perché se non c’è il posto per noi non vedo dove sarebbe il posto per loro – davvero pensa che i nuovi alberelli Le daranno lo stesso ossigeno che Le stiamo dando noi? Lei è un ingenuo? O…?
Io ormai sono morto, sto veleggiando verso il paradiso degli esseri viventi vegetali e certo sono contento dei nuovi alberelli che verranno, ma nella vostra vita umana, non ho mai visto uccidere un nonno,  anche non autoctono, per far posto a due nipoti!
Ci pensi Sindaco, ci pensi indipendentemente da chi Le ha consigliato di andare per questa strada, pensi ai suoi nonni perché di sicuro li ha avuti se non li ha ancora e ascolti il lamento di questo pino che oggi ha deciso di uccidere.
Pianto del pino, raccolto da Marzia Marchi
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