di Federica Mammina
L’inno nazionale è uno dei pilastri su cui si fonda uno stato, lo rappresenta di fronte a tutto il mondo, ne racconta la storia e ne evidenzia lo spirito di unità. Viene suonato in tutte le occasioni ufficiali, cantato da star famosissime che possono vantare questo fiore all’occhiello, ed è anche la colonna sonora delle gare sportive più prestigiose, mondiali di calcio e olimpiadi in testa. Si tratta in fin dei conti di poche note e alcune strofe, che però hanno la capacità di commuoverci perché sanno far affiorare immediatamente il nostro senso di appartenenza.
L’Inno di Mameli racconta del nostro coraggio, della nostra voglia di vittoria, del nostro senso della patria, perché in fin dei conti, con tutti i difetti che ha, la nostra patria noi la amiamo, e di un amore viscerale, che ci segue anche in capo al mondo.
Noi Italiani però abbiamo anche la straordinaria capacità di perderci nel classico bicchier d’acqua, di non fare cose di una banalità disarmante. Un esempio? Non approvare una legge per dichiarare l’Inno di Mameli ufficialmente Inno della Repubblica Italiana per 71 anni. Ignari di ciò infatti, fino a pochi giorni fa quando la legge in questione è stata finalmente approvata, abbiamo cantato un inno provvisorio perché in passato numerosi Governi non sono riusciti in un’impresa tanto ardua.
Non un gran segno di riconoscenza per chi ci ha regalato così belle parole, mi verrebbe da dire. Ma si sa, siamo fatti così, un po’ cialtroni a volte, ma con un cuore davvero grande. Ed è con una mano su quel cuore che manifestiamo la nostra riconoscenza, ogni volta che risuonano le note dell’Inno e gridiamo il nostro sì all’Italia che chiamò.

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Redazione di Periscopio
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