30 maggio 1960: muore lo scrittore russo Boris Pasternak. Nato nel 1890, con il suo unico romanzo “Il dottor Živago” nel 1958 ha vinto il Premio Nobel per la letteratura, ma non ha potuto ritirarlo a causa delle pressioni del regime comunista ed è morto due anni dopo in povertà.
Forse non tutti sanno che “Il dottor Živago” è stato pubblicato in Italia nel 1957 in anteprima mondiale: Pasternak lo ha consegnato al giovane giornalista radiofonico italiano a Mosca Sergio D’Angelo, in cerca di nuovi romanzi per conto di Giangiacomo Feltrinelli e il testo è così uscito dall’Unione Sovietica. La prima edizione di 12.000 copie è andata esaurita in pochi giorni e, dato che le richieste non accennavano a diminuire, ne sono stampate altre. Il romanzo ha ottenuto una fama mondiale ed è stato tradotto in inglese, francese e tedesco. Nella primavera del 1958 Albert Camus nomina così Pasternak per il Premio Nobel. E a questo punto inizia un altro giallo, che questa volta coinvolgerebbe persino la Cia.
Secondo il regolamento un autore, per ricevere il Nobel, deve aver pubblicato nella propria madrelingua: requisito che mancava a Pasternak e al “Il dottor Živago”.
Si narra però che la Cia, poco tempo prima della nomina, avrebbe scoperto un’altra copia uscita dall’Urss e avrebbe obbligato ad atterrare all’aeroporto di Malta l’aereo con il passeggero che la trasportava. Gli agenti avrebbero preso e fotocopiato il testo, rimettendolo nel bagaglio dopo poche ore senza che i passeggeri sapessero nulla. Nell’agosto 1958 l’agenzia di intelligence americana avrebbe poi fatto stampare questa copia senza alcun diritto d’autore. E così l’Accademia per il Nobel ha potuto nominare Pasternak e il suo romanzo per il premio.
È bene quando una persona contraddice le nostre aspettative, quando è diversa dall’immagine che ce ne siamo fatta. Appartenere a un tipo significa la fine dell’uomo, la sua condanna. Se non si sa, invece, come catalogarlo, se sfugge a una definizione, è già in gran parte un uomo vivo, libero da se stesso, con un granello in sé di assoluto. (Boris Pasternak)
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Federica Pezzoli
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