Oggi Enrico fa il Ninja della notte.
Si è messo felpa e pantaloni neri e le scarpe da ginnastica. Il cappuccio calato sulla testa, salta di qua e di là come una rana, anzi come un ninja. Ogni tanto interrompe il suo balzare convulso, fa i pugni con le mani e alza i pollici guardandomi, mi segnala che ha vinto il combattimento. Accompagna il suo battagliare con degli strani sibili e a volte dice tra sé e sé: “Io sono il più forte”.
Il ninja della notte è un personaggio cattivo dei PJ Musk, un cartone animato che guarda sempre.
Nei bambini si vede spesso questa tendenza a impersonificare soggetti cattivi. E’ come se Enrico, nel suo diventare ninja, trovasse una via di sfogo all’aggressività e poi, tornando Enrico, ritrovasse la forza di affrontare la sua vita normale con maggiore predisposizione ad essere buono. Vivace lo è sempre: indossa solo quel che gli piace, mangia solo quel che vuole, cerca di guardare i cartoni animati tutto il giorno, sopprime le lumache dell’orto che gli fanno schifo. Nel fare tutto ciò, è Enrico a tutti gli effetti. Però probabilmente non basta. Gli serve, a volte, diventare un ninja della notte e buttar fuori un po’ del risentimento che altrimenti gli avvelenerebbe le giornate. Tutti i bambini hanno questa tendenza, che poi viene addomesticata con il passare degli anni. Giocano a fare i cattivi.
Una volta l’ho raccontato a Flavio, un mio amico psicologo. Flavio dice che è normale, che anche lui da piccolo faceva il cattivo e impersonificava personaggi cruenti e assassini. Ora è un professionista determinato e equilibrato, premessa molto tranquillizzante.
A volte sono così stufa dei combattimenti di questo ninja casalingo che mi verrebbe da suggerirgli l’impersonificazione di altri esseri cattivi che animano il mondo dei cartoni animati.
Ad esempio Montgomery Burns dei Simpson. Affetto da megalomania, ammalato in modo più che grottesco, si sottopone continuamente a interventi chirurgici per allungare la sua vita di una settimana. Dispotico magnate dell’economia e della finanza, Burns è una caricatura dello “spietato uomo d’affari”.
Oppure Cell (Dragon Ball). Una specie di essere simil-xenomorfo che risucchia le sue vittime col pungiglione che ha nella coda.
Oppure Orochimaru (Naruto). E’ un cattivo perfetto con un ego molto forte. Dotato di un immenso carisma, riesce ad assoggettare intere schiere di uomini a lui totalmente fedeli come Kabuto e Kimimaro.
Ma più di tutti David Xanatos (Gargoyles). Uomo cinico e glaciale, è lui a operare il risveglio dei gargoyle, con lo scopo di poterne sfruttare l’immenso potenziale. Quando i gargoyle si ribelleranno, mostrerà la sua dote principale: l’assoluto distacco emotivo.
Ce ne sono molti altri, tutti fantasiosi e cattivissimi.
Riguardo l’Enrico ninja e mi piace già di più. Per fortuna non assomiglia a quei mostri che impersonifica, è solo un bambino che gioca.
Enrico salta di qua e di là, alza una gamba e calcia nel vuoto, dice che i ninja fanno così. Poi appoggia le mani in terra e, muovendosi come un gatto, dice che deve stanare l’avversario, portarlo alla luce, sconfiggerlo.
A volte si nasconde dietro una sedia, mi guarda pensando di non essere visto e sibila o ruggisce. E’ il ninja che si carica per il combattimento. Altre volte si corica in terra, si copre con quel che trova e poi dice che il ninja è stanco e si deve riposare. Altre volte ancora esce improvvisamente dal gioco: “Basta smetto per qualche minuto di fare il ninja perché voglio mangiare il gelato. Ora il ninja è sparito e ci sono solo io. Ma poi ritorna. Ritorno”.
E allora ben venga questo Ninja della notte che gli permette di giocare, di essere un bambino felice, di imparare a distinguere il bene dal male.
“Ma zia Costanza a te piace il ninja della notte?”
“No Enrico, a me non piace”
“Ma non ti deve piacere, è cattivo!”
Quest’ultima affermazione mi rasserena. E’ un segnale che Enrico distingue ciò che è bene da ciò che è male e che sa perfettamente da che parte sono schierata. Lo trovo soddisfacente, un segnale che siamo nel mezzo di una relazione educativa. Io sto dalla parte di ciò che è bene e buono. A me si potrà ricorre per verificare questa appartenenza. Per un discrimine, nel caso ce ne fosse bisogno. Avverto una prospettiva per il futuro e anche una grossa responsabilità.
Ora il Ninja delle notte è stanco, si è rannicchiato su una poltrona e mi guarda con i suoi occhi furbi e con i pollici all’insù. Ha vinto l’ennesimo combattimento. Si sa che il ninja è fortissimo e per sconfiggerlo serve molta abilità.
Senza una infanzia protetta, non c’è crescita, non c’è maturazione e non c’è apprendimento operativo e morale.
I mostri dei cartoni animati sono accumunanti dall’aver avuto infanzie infelici e represse. Le prime vittime del dramma sono stati loro stessi. Nessuno di loro ha avuto la possibilità, nemmeno per un momento di essere una creatura felice, di sperimentare cosa pensano gli altri, di trovare gratificazione per aver scelto la parte buona della storia. Ai mostri qualcuno ha insegnato che i ninja hanno ragione, che l’unica strada per sopravvivere è diventare degli assassini. Ma questo non vale solo per i cattivi dei cartoni animati, vale anche per gli esseri umani.
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Costanza Del Re
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