Il nido delle cicale
l’ultimo romanzo di Anna Martellato parla di rinascita
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“Ho incontrato persone e mi sono chiesta perché continuassero a fare proprio quelle scelte, così ne ho scritto, facendo diventare romanzo certi temi che riguardano molti”. Raggiungo al telefono Anna Martellato, collega, conosciuta anni fa a Venezia, quando di lei mi colpì la propensione ad ascoltare e a familiarizzare. Anna Martellato ha pubblicato per Giunti Il nido delle cicale, un romanzo in cui si sentono i profumi e si vedono i colori, come a essere immersi in quella lingua di lago di Garda dove Mia, la protagonista, cresce e cambia pelle.
“Mia è una donna che spesso si gira dall’altra parte, scappa da una gabbia familiare a un nido che, in realtà, è un’altra gabbia ancora, si porta dietro blocchi che a un certo punto vanno affrontati, con non poco dolore, ma poi finalmente sciolti”, spiega Anna che nel romanzo ha voluto parlare di rinascita e mutamento, come quello delle cicale che dopo essere state dormienti sotto terra, escono alla luce in un corpo nuovo. “Le cicale aspettano il momento giusto per uscire, ho preso in mano il guscio e ho visto un taglio chirurgico, vengono fuori proprio da lì e da sole, anche Mia esce da sola da una situazione, affronta il dolore che è quello del rapporto col compagno e quello del passato e dei legami familiari, poi non torna più indietro”.
Nel romanzo, la protagonista si trova davanti a una scelta e prima ancora di decidere come fare, deve decidere se vuole sapere fino in fondo la verità. Una voce allora la guida, mostra, indirizza: come un daimon, un nucleo antico, la voce illumina una crepa, quella parte di vita sconosciuta che Mia può accettare o rifiutare del tutto. “Ognuno di noi ha una saggezza innata – spiega Anna – che a un certo punto si fa sentire, se stiamo in silenzio sappiamo sempre che direzione prendere”. Ed è con questa saggezza che Mia affronta una scoperta dopo l’altra, riprende i legami sospesi con il passato, primo fra tutti con la madre a cui prova a indicare una strada per uscire dal dolore: “Sono convinta che ciascuno abbia le chiavi della propria felicità che non vengono mai consegnate dagli altri e per questo Mia tenta di spiegare alla madre, da cui si era allontanata, che può ancora fare qualcosa di concreto per salvarsi da tutto quel buio, ma deve farlo da sola, come lo sta facendo Mia”.
È una famiglia smembrata dalla perdita, quella di Mia, ma è anche una famiglia da cui si può ricominciare perché c’è una madre che Mia può finalmente affrontare e un padre che l’aspetta sempre preparandone l’arrivo.
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Riccarda Dalbuoni
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