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28 Novembre 2016

Il mio cavallo chiamato America

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Ogni volta che ascolto questa canzone immagino di esserne il protagonista: un uomo solo in sella ad un cavallo senza nome. Solo nel deserto, alla ricerca di qualcosa che so essere oltre l’orizzonte.
Ma la linea dell’orizzonte non si può oltrepassare, rimane là, sempre là, nonostante le miglia di cammino che ho fatto nel deserto, che faccio e che farò.
Non mi resta che continuare il viaggio, in sella ad un cavallo senza nome. E quando mi sarò lasciato il deserto alle spalle e incontrerò il mare, allora sì, potrò liberare il mio cavallo, il mio amico di solitudine. E sarò felice perché non avrò rimpianti né un nome da ricordare.
Gli spazi immensi del continente americano, tanto desiderato e cercato nell’immaginario di me europeo, nato, cresciuto e nutrito nel mito del lontano ovest, della frontiera e della sua natura selvaggia e inesplorata. Sono solo i desideri di un bambino che giocava ai cowboys, immagini di un mondo scomparso rimasto vivo nei miei sogni e nella fantasia, che resiste al traffico delle otto del mattino di un lunedì qualunque.
Ascolto la musica, penso e sorrido, perché solo una band che si chiama America poteva scrivere una canzone come questa.

A Horse with No Name (America, 1971)

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/