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Il mio amico giardiniere è una pellicola francese di Jean Becker, che data già 2007, ma che oggi ci piace ripresentare al nostro pubblico di lettori attenti, per la sua delicatezza e per la pace della meraviglia dei giardini dell’entroterra francese, che restituiscono un poco di serenità oltre che un autentico ritorno alle radici nella casa d’infanzia, quella di un cinquantenne e affascinante pittore parigino di successo (Daniel Auteil) ma che può essere di tanti, o almeno di coloro che ci si vogliano riconoscere. Perché il ritorno alle radici è quanto ci resta di rassicurante in questo momento di mondo impazzito. La natura ci cura, poi, i dialoghi con essa e fra essa restano il punto di equilibrio reale.

Il pittore cittadino si ritrova ad ereditare un terreno immenso, quale sogno, un giardino meraviglioso che sua madre curava teneramente ma che ora non ha né voglia né capacità né tempo di occuparsene. Per evitare il degrado di quel meraviglioso e unico gioiello materno tanto amato, eccolo allora alla ricerca di qualche anima che possa aiutarlo, un annuncio che lo porta a rincontrarsi con un vecchio compagno di scuola. Un amico d’infanzia che diventerà il suo giardiniere (Jean-Pierre Darroussin). Ma non solo: un consigliere, un ascoltatore attento, una costante presenza che spesso lo farà riflettere e rivedere le cose nella loro reale dimensione. Un autentico risveglio al mondo.

Una storia d’amicizia intensa e profonda, come quelle che tutti vorremmo avere nella vita. Due vecchi amici che, scherzosamente, si inventano due soprannomi, Del Quadro e Del Prato, che evidenziano la loro diversità culturale e sociale e che ritrovano l’antica e gioiosa complicità che da ragazzi li aveva uniti. In una delicata dimensione bucolica, in un quadro degno di un delicato e colorato pittore impressionista, i due compagni si ritrovano e, trascorrendo molto tempo insieme, si riscoprono nella loro rispettiva complessità e semplicità, ridendo, scherzando, facendo discorsi seri e semiseri e svelandosi il vero valore della vita. Così come solo un profumato giardino riesce a fare e a far fare.

L’amico giardiniere ha una visione semplice e onesta del mondo, il pittore, senza grande talento e ispirazione, è più disilluso e aspro. Vedendo ogni cosa attraverso gli occhi dell’altro, ognuno scopre, rivalutandolo, un mondo nuovo. È un dialogo (il titolo originale, migliore, è “dialogo con il mio giardiniere”) fra amici, fra un cittadino stressato dalla grande metropoli, e per questo quasi depresso, e un uomo semplice che non si è mai mosso dal suo semplice villaggio d’origine, se non per alcune settimane di vacanza sempre negli stessi posti, con l’amata moglie di sempre. L’uno colto, ricco, sofisticato ma insoddisfatto e sempre alla ricerca di nuove donne, storie e avventure, l’altro semplice, abitudinario ma saggio e sereno. Due attori molti bravi e assolutamente profondi.

Una storia essenziale, in un’atmosfera minimalista degna di un teatro, con una fotografia eccellente e colori sgargianti, cullando l’armonia della natura e di conversazioni a volte inattese ma profonde, pacate e coerenti. Un confronto fra la città trafficata e concitata (e spesso piena di cose futili e inutili) e la vita tranquilla di campagna, con i valori del quotidiano che si scelgono, quelli che contano. Una bella storia di cuore e musica, ma anche di solitudine. Un racconto di diversità che convergono, di parole dette e non dette, di sogni sognati e solo sussurrati, di punti fermi che si rivelano fragili e fugaci. Con una fine, però, che non è tanto lieta. Perché la malattia che non perdona colpisce chi meno se lo aspetta, senza scampo, perché le stagioni si chiudono e la fragilità della vita si conferma in tutta la sua terribile e temibile forza. Malinconico ma intenso e coinvolgente. Per riscoprire la natura e i suoi messaggi essenziali. Da vedere.

 

 

 

 

Il mio amico giardiniere, di Jean Becker, con , Daniel Auteuil, Jean-Pierre Darroussin, Alexia Barlier, Fanny Cottençon, Francia, 2007, 110 mn.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.


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