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Non è affatto vero che con la cultura non si mangia. Emblematico è il caso del Dubai, che dal 2003 ha creato il “Knowledge Village” una zona franca nel mondo, dedicata alla gestione delle risorse umane e all’apprendimento d’eccellenza, con l’intento di promuovere i talenti della propria regione e di fare degli Emirati Arabi Uniti un’economia basata sulla conoscenza.
Le attività del Dubai sono esemplificative del commercio ormai globale dell’istruzione d’eccellenza, quella accademica e universitaria, delle multinazionali nel campo dell’apprendimento che aggiungono un’altra dimensione alla sovrastruttura mondiale delle pratiche e delle politiche educative.
L’Organizzazione mondiale del commercio, gli accordi sulla vendita di servizi, unitamente alle norme che tutelano i diritti di proprietà intellettuale, hanno spianato la strada alla mercificazione dell’istruzione e dei saperi.
La circolazione delle idee, della cultura e delle conoscenze, da che mondo è mondo, c’è sempre stata. Non è nuova. Data per lo meno da quando missionari e colonizzatori portavano le loro culture alla conquista di altre terre, da quando studiosi e studenti viaggiavano per il mondo e alcune scuole nazionali aprivano le loro succursali all’estero. È la storia passata dell’imperialismo culturale dell’Occidente. Non di meno, anche altri paesi al di fuori dell’Occidente hanno contribuito alla circolazione di beni immateriali come il sapere, basti pensare agli studiosi Cinesi in Giappone nel secolo diciannovesimo e ai secolari movimenti internazionali di studiosi e studenti islamici.
Sorprendentemente nuovo nella globalizzazione contemporanea è però il ruolo di produzione di reddito assunto dai novelli clerici vagantes, dalla commercializzazione dei servizi intellettuali, tanto da essere inclusi nella pianificazione finanziaria di nazioni, istituzioni educative e società multinazionali. È ancora il profitto, non altro, ad aver generato la globalizzazione dell’istruzione. Affari che sono stati favoriti dalla liberalizzazione degli scambi per effetto del General Agreement on Trade in Services del 1995, l’accordo generale sul commercio di servizi.
Da allora, in tutto il mondo reti di studiosi e di tecnologie informatiche rendono possibile l’apprendimento online, la circolazione rapida di banche dati, di conoscenze accademiche, oltre alla facilità di muoversi nel mondo per studiosi e studenti. Oggi lo scambio di servizi per la conoscenza coinvolge massicce transazioni finanziarie. Il mercato globale di servizi per l’istruzione è stimato dalla banca americana Merrill Lynch, al di fuori degli Stati Uniti, per 111 miliardi di dollari all’anno con un’utenza potenziale di 32 milioni di studenti.
Lo scambio internazionale dei servizi per l’istruzione è regolato dall’Agreement on Trade-Related Intellectual Property Rights che protegge la proprietà intellettuale delle opere vendute da singoli, università, associazioni e altre istituzioni. Stabilisce i requisiti che in questo campo le leggi dei paesi aderenti devono rispettare in materia di copyright, di indicazioni geografiche protette, di industrial design, di marchi di fabbrica registrati e di numerosi altri ambiti, dai software ai database, ai media, ai digital media e ai brevetti industriali, sanitari e delle tecnologie agricole.
Il libero scambio, sostenuto dalla Organizzazione mondiale del commercio, si fonda sulla teoria dei “vantaggi comparati” formulata dal Ricardo nel diciannovesimo secolo. In poche parole, l’assunto dell’economista inglese afferma che i paesi prosperano prima se approfittano delle loro attività concentrando tutte le risorse su quello che producono al meglio, scambiandoli poi con i prodotti che altri paesi realizzano in modo superiore.
Ma cosa succede se un paese è migliore degli altri nel produrre tutto?
L’Omc afferma che secondo il Riccardo non è possibile che questo accada, perché un paese non può essere migliore in ogni cosa, soprattutto perché dovrà scegliere di investire le sue risorse in ciò in cui eccelle, lasciando i campi di produzione rimanenti agli altri Paesi.
Molto probabilmente Ricardo non poteva sospettare che la sua teoria avrebbe dato luogo alla globalizzazione dei servizi per l’istruzione e alla massimizzazione degli scambi in questo campo.
Quali sono le conseguenze della crescita di queste multinazionali? Mentre l’impatto effettivo è difficile da misurare, se ne possono però intravedere le possibili minacce.
L’industria della conoscenza globale può condizionare la diffusione dei saperi nel mondo, creando standard di uniformità dell’istruzione globalizzata come risultato della commercializzazione internazionale di test, database e, soprattutto, la pubblicazione di libri di testo per il mercato mondiale.
In secondo luogo, le industrie della conoscenza globale potrebbero cercare di esercitare il controllo societario sui contenuti diffusi attraverso le scuole di tutto il mondo. Mentre è sempre possibile che i libri di testo riflettano diversi punti di vista, diverse concezioni, sembra improbabile che gli editori del mercato globale siano disposti a distribuire testi i cui contenuti possono minacciare il loro controllo sul mercato globale. In fine non è da sottovalutare come l’uniformizzazione del mercato del sapere, le società di informazione e di pubblicazione di tutto il mondo possono incidere sulla esistenza delle culture locali.
Si tratta al momento solo di ipotesi, ma Christopher Arup, studioso di diritto della Monash di Melbourne, nel suo The New World Trade lancia l’allarme. Scrive che i servizi, in particolare quelli con un contenuto intellettuale, hanno un’incidenza ben più profonda dei beni di consumo. Arup esprime una forte preoccupazione, perché lo scambio di servizi comprende una quota sempre più crescente del commercio internazionale in generale e il modo in cui vengono forniti i servizi intellettuali oggi può costituire il potenziale per minare la sufficienza economica, la sovranità politica e l’identità culturale delle nazioni.
Se l’Organizzazione mondiale per il commercio rimane una istituzione cruciale per il progresso e la globalizzazione, è però sempre più urgente che gli stati nazionali con le loro istituzioni siano capaci di controllare e di mediare circa gli effetti dell’economia globale, in particolare modo per quanto attiene all’attuale trend assunto dal commercio internazionale delle conoscenze.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it