Non ce li siamo persi. Abbiamo solo preso un attimo di respiro e di coraggio prima di visionare gli ultimi due episodi di “Voci della resistenza”, ora disponibili sul portale web dell’enciclopedia Treccani. Per esser sinceri, la difficoltà era in particolare legata all’episodio letto e interpretato da Stella Egitto: “Il maggio del peccato”, la storia dell’orrendo crimine di guerra perpetrato dall’avanzata delle truppe francesi in Ciociaria nel maggio 1944. La storia dello stupro collettivo di migliaia di donne italiane tra gli 8 e gli 85 anni. Durissimo da affrontare, durissimo avvicinarsi e ascoltare le parole di una donna che, come tante in tante guerre e in tante parti del mondo, subisce una violenza inaudita. Difficile stare a sentire come quei goumiers del Corpo di Spedizione Francese in Italia, agli ordini del generale Alphonse Juin, dopo aver sfondato per primi i capisaldi della Linea Gustav, consentendo agli Alleati di avanzare fino alla successiva linea di difesa predisposta dai tedeschi (la Linea Adolf Hitler) una volta superata la linea nazifascista, avessero proseguito la loro marcia verso i Monti Aurunci scatenandosi, con ferocia inaudita, contro la popolazione italiana. Molte donne vennero stuprate, torturate e uccise, analoga sorte spettò a diverse centinaia di uomini. A Esperia, il parroco, don Alberto Terilli, cercò di fermare quello scempio disumano, ma fu legato e anch’esso violentato, morendo due anni dopo per le conseguenze degli abusi. Gli ufficiali francesi, che avrebbero dovuto tenere a freno i soldati, chiusero gli occhi, per timore, convenienza, disinteresse o complicità. A denunciare all’opinione pubblica quanto accadde in Ciociaria fu Alberto Moravia. Nella “Ciociara” (1957) raccontò quello che nessuno allora voleva sentire. Quello che oggi si fa ancora fatica a credere, immersi nella tristezza e nel ribrezzo terrificante che la recitazione di Stella Egitto trasmette. Il film di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Moravia e interpretato da Sophia Loren, vinse nel 1962 il premio Oscar. Si tratta di un episodio oscuro come sicuramente tanti altri analoghi di una guerra spietata, difficile da accettare e digerire. Ma non per questo da ignorare. In un’interpretazione fortissima come quella della giovane Stella Egitto, che chiude gli occhi davanti a un’umanità che se ne è andata, che è morta, immersa e (dis)persa nel buio. (video)
Nell’ultimo episodio Senza terra, recitato da Giorgio Colangeli, si ripercorre, invece, la storia di quell’esercito di ‘senza terra’ che aveva combattuto contro i totalitarismi del Novecento, un’odissea iniziata nel 1939 col Patto Ribbentrop-Molotov e la successiva spartizione della Polonia, passata per la Siberia, la Persia, il nord Africa e conclusasi in Italia. Nella Polonia occupata dai nazisti, i polacchi furono, infatti, deportati o massacrati, mentre nella Polonia orientale furono vittime del comunismo sovietico: massacrati nella foresta di Katyn o deportati nei gulag. In seguito all’attacco tedesco della Russia nel giugno 1941, essi costituiranno nel 1943 in Iraq il II Corpo d’Armata. Da lì saranno trasferiti in Palestina e poi in Egitto, in un girovagare continuo e senza fine, che li porterà tra il dicembre dello stesso anno e l’aprile del 1944 nel nostro paese, per partecipare alla Campagna d’Italia, inquadrati nell’VIII Armata britannica. I polacchi, guidati dal generale Anders, si rivelarono decisivi per vincere la quarta battaglia di Montecassino: liberarono Ancona e tutta la fascia costiera, fino a Bologna, entrandovi per primi all’alba del 21 aprile 1945. Nella recita di Colangeli si sente il buio impietoso della stanza, la vacuità di parole scritte su una lettera al padre che non sarebbe mai arrivata, il freddo della paura, il sudore del terrore, le gocce di rugiada che cadono svenute al suolo, il gelo della Russia che non sarebbe mai stato riscaldato, insieme a un gelo di tanti perché senza risposte. “Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori”. Sono le parole incise da un affaticato e disperato soldato polacco sull’obelisco del Monte Calvario, nei pressi di Montecassino, in memoria dei caduti del II Corpo d’Armata. Uomini che si domandavano perché, e soprattutto se e quando sarebbero mai tornati a casa. Senza una meta, senza una terra. (video).
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Simonetta Sandri
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