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La bellezza è costitutiva dell’identità della nostra nazione, perciò non può che permeare di sé la nostra Costituzione. In queste poche parole sta il senso dell’operazione culturale del libro “La Costituzione e la Bellezza” (La nave di Teseo), scritto a quattro mani dal costituzionalista Michele Ainis e dal critico Vittorio Sgarbi, entrambi presenti alla presentazione di ieri pomeriggio all’Ibs-Il Libraccio di Ferrara.

La copertina di La Costituzione e la Bellezza
La copertina di La Costituzione e la Bellezza

Probabilmente, ciò che a molti rimarrà più impresso dell’evento è la lunga attesa in piedi fra la calca all’ultimo piano di Palazzo San Crispino (non c’era più un posto libero fin dalle 18, mezz’ora prima dell’inizio previsto) e il fatto che Sgarbi sia arrivato in forte ritardo, come in fondo vuole il personaggio dell’impertinente critico d’arte, al contrario del puntuale e pacato giurista Ainis. Tuttavia ha avuto ragione il professor Pugiotto nella sua presentazione quando ha definito entrambi: “liberi, liberali, libertari, si può essere in disaccordo con loro, ma le loro argomentazioni sono sempre e comunque cibo per la mente”.
Entrambi con ottime capacità di oratori e divulgatori, Ainis e Sgarbi hanno dato un piccolo assaggio di quello che si può trovare nel volume: un inedito commento letterario e illustrato alla nostra Costituzione in sedici capitoli – uno per ciascuno dei dodici princìpi fondamentali e dei quattro titoli in cui si articola la prima parte della Carta – in un continuo gioco di rimandi dalla bellezza della Costituzione a quella del patrimonio culturale italiano, a volte addirittura scambiandosi di ruolo, con Sgarbi che chiosa gli articoli e Ainis che suggerisce artisti e autori, per far capire che proprio no, l’una senza l’altra non è possibile.
E allora è apparso chiaro come non sia un caso che nel titolo bellezza e Costituzione abbiano entrambe la lettera maiuscola: “in questo libro – spiega Ainis in attesa del co-autore Sgarbi – la bellezza non è un concetto retorico e non ha nemmeno a che fare solo con l’estetica. Ciò che abbiamo cercato di dire e far emergere è che l’estetica contiene, è intrinseca all’etica”.
A un certo punto è stata citata la proposta della senatrice Sel Pellegrino, che vorrebbe aggiungere all’ articolo 1 proprio un comma sulla bellezza: “La Repubblica Italiana riconosce la bellezza quale elemento costitutivo dell’identità nazionale, la conserva, la tutela e la promuove in tutte le sue forme materiali e immateriali: storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali”. “La voterei subito – ha affermato Sgarbi – anzi, se fosse per me, la farei ancora più breve: l’Italia ha la propria identità nella bellezza”.

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“Il quarto stato”, Giuseppe Pellizza da Volpedo

Il critico ferrarese però confessa anche di essere molto restio a ritoccare il primo articolo della Costituzione, di cui dà una lettura originale: “non si può modificare perché esprime l’emancipazione della donna. Lavoro significa non dipendere, poter decidere autonomamente”. Ed ecco perché per illustrare l’articolo 1 ha scelto “Il quarto stato” di Pellizza da Volpedo: “è il primo quadro del Novecento e apre la strada a quello che, quarantacinque anni dopo, sarà il primo articolo della Costituzione”, “è l’umanità che ci viene incontro, è come una Scuola di Atene di Raffaello, in cui però l’umanità non vuole dimostrare il proprio sapere, ma conquistare diritti sociali”, uomini e donne insieme.

Madonna della Misericordia, Piero della Francesca
Madonna della Misericordia, Piero della Francesca

Piuttosto insolita anche la lettura dell’articolo 3 sull’uguaglianza dei cittadini: questo comma “è di un’ipocrisia pazzesca”. Secondo Sgarbi è “molto più sincera, a questo proposito, la Costituzione della Repubblica Romana del 1849, che recita: “la Repubblica promuove lo sviluppo morale e materiale dei cittadini”, dando per assodata una disuguaglianza di partenza”. Per questo articolo l’opera prescelta è la “Madonna della Misericordia” di Piero della Francesca, che accoglie a braccia aperte i credenti sotto il proprio mantello: “è la rappresentazione più chiara che ciò che non è uguale fra gli uomini lo è davanti a Dio, dato che non abbiamo giustizia in terra, non ci resta che sperare che ce la dia Dio”.

Uno degli elementi che fanno la bellezza della nostra Carta è senza dubbio la sua semplicità di linguaggio perché i Padri costituenti la volevano il più inclusiva e partecipativa possibile, come dimostra anche l’ultima disposizione transitoria: “Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante tutto l’anno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione”.
“Questa semplicità – ha spiegato Ainis – è stata ottenuta lavorando per sottrazione. È stato calcolato che un quarto del tempo nelle discussioni alla Costituente è stato speso per decidere non solo quali temi inserire, ma anche quali termini usare, come dimostra per esempio, la discussione sull’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra”. Quel “ripudia” è stato scelto dopo molte disquisizioni”. Purtroppo poi, secondo il costituzionalista, non si è più lavorato così: “se non hai idee, diventi prolisso, verboso e complicato; allaghi con un fiume di parole il nulla che hai nella testa. La Costituzione dovrebbe essere una lingua che tutti possono parlare”. È vero che Ainis non si è ancora schierato per il sì o per il no al referendum costituzionale di dicembre, ma unendo queste parole a quelle che usa per la riforma, “ciò che non mi piace è che è scritta male”, forse qualcosa si può intuire. Chiarissima, invece, la posizione di Sgarbi: la Costituzione è come un monumento e, come tutti i monumenti, la minaccia è rappresentata da una parte dall’incuria e dall’altra dai restauri non oculati, proprio come quello del Governo Renzi, almeno questo è il parere del critico.

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Federica Pezzoli



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