“We come from the land of the ice and snow,
from the midnight sun where the hot springs blow.
Hammer of the Gods will drive our ships
to new lands to fight the horde
singing and crying: Valhalla I am coming.”
Con questi versi si apre Led Zeppelin III, terzo album registrato in studio dalla leggendaria rock band. Il disco fu registrato nel 1970 in una località sperduta del Galles, in un’antica residenza immersa nella natura incontrastata e totalmente priva di elettricità e riscaldamento durante un periodo di distacco dai ritmi frenetici imposti dal successo. Ciò che ne uscì fu un disco completamente diverso dai due precedenti, quasi interamente acustico verso un genere tendente al west-coast. Ma Immigrant song è l’eccezione che conferma la regola.
“On we sweep with,
with threshing oar.
Our only goal will be the western shore.”
Il brano su cui oggi molti tenterebbero forzatissime attualizzazioni è in realtà un canto di guerra che narra delle imprese dei vichinghi con riferimenti alle mitologie nordiche.
“How soft your fields so green.
Can whisper tales of gore of how we calmed
the tides of war. We are your over lords.”
Un fulmine di adrenalina da meno di due minuti e mezzo, destinato ad influenzare sia per sonorità che per tematiche diversi gruppi heavy metal, fra cui Iron Maiden e Manowar. Il ritmo martellante ed il riff continuo di chitarra, oltre al caratteristico “grido di battaglia” hanno reso Immigrant song una delle principali icone degli Zeppelin.
“So now you better stop and rebuild all your ruins.
For peace and trust can win the day despite of all
your losing.”
Immigrant song (Led Zeppelin, 1970):
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Fulvio Gandini
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