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Via dei Trasvolatori Atlantici. Un nome che fa immaginare chissacché: vasti orizzonti, le discese ardite e le risalite o magari quel posto “a metà strada tra Ferrara e la luna” che ha ispirato una celebre canzone di Lucio Dalla. Sembrerebbe giusto il titolo per una canzone di Vasco Brondi, il cantautore ferrarese noto per il suo progetto-musicale “Le luci della centrale elettrica”, che dà voce a brani come “Padre nostro dei satelliti”, “La Terra, l’Emilia, la Luna” e “Un bar sulla via lattea”.

Via dei Trasvolatori atlantici (foto Google-maps 2016)
Via dei Trasvolatori atlantici (foto Google-maps 2016)

Invece la via dei Trasvolatori Atlantici è un pezzo di asfalto piatto in un’area commerciale di Ferrara, lungo lo stradone della periferia sud in direzione di Bologna. Il posto dove si trova non ha nulla di transatlantico, fin dal nome della località, che risponde alla definizione nostrana e abbastanza ruspante di Chiesuol del Fosso. Se scrivi via dei Trasvolatori Atlantici sul navigatore, ti ritrovi lì, tra capannoni-uffici, casette-azienda e un grande piazzale-parcheggio che costeggia la parte più trasandata e randagia di via Bologna, a metà strada tra il centro storico e l’imbocco autostradale.

Il nome – andando a consultare la “Cronistoria delle vie” nella pagina del Comune di Ferrara dedicata alla toponomastica – è stato dato con una delibera di giunta il 13 dicembre 2000.

Un idrovolante nell'immagine della mostra "Mari e cieli" organizzata dagli Istituti italiani di cultura in America nel 2014
Un idrovolante nell’immagine della mostra “Mari e cieli” organizzata dagli Istituti italiani di cultura in America nel 2014

Ma chi sono questi Trasvolatori Atlantici e cosa c’entrano con questo pezzo di territorio? Le “trasvolate atlantiche” sono una specialità che in effetti con Ferrara hanno a che fare, perché è il ferrarese Italo Balbo che si cimenta in queste imprese. Si chiamano così i voli che si mette in testa di fare – e che fa – Balbo, uomo politico e aviatore, pilotando uno dei dodici idrovolanti per la traversata aerea dall’Italia al Brasile (1930), poi capitanando venticinque idrovolanti da Orbetello a Chicago (1933) fino al suo ultimo volo più brevemente mediterraneo ma che lo vede cadere sotto i colpi della contraerea sul cielo della città portuale libica di Tobruk (28 giugno 1940). Peccato che siano gli anni del fascismo e che queste gesta servano per alimentare la retorica e la propaganda del regime, con Benito Mussolini che nel frattempo nomina Balbo ministro dell’Aviazione. O, forse, la ragione della scelta di questo nome evocatore sta proprio lì, nella voglia di ricordare qualcosa che però è anche un po’ tabù da parte di un’amministrazione comunale storicamente e solidamente schierata su posizioni antifasciste.

"Trasvolatori atlantici" in un'immagine della mostra "Mari e cieli" organizzata dagli Istituti italiani di cultura in America nel 2014
“Trasvolatori atlantici” (foto della mostra “Mari e cieli”, 2014)

A sdoganare il tabù e, forse, anche a riportare alla ribalta il nome roboante della via dei Trasvolatori Atlantici arriva la notizia della donazione del “Fondo Balbo” all’Istituto di storia contemporanea di Ferrara da parte degli eredi del gerarca fascista.

L’Istituto di Storia Contemporanea del Movimento Operaio e Contadino nasce nel 1973 – nel trentesimo anniversario della caduta del fascismo e dell’inizio della Resistenza – per volontà del Comune e della Provincia di Ferrara, e diventa più sinteticamente Istituto di Storia Contemporanea-Isco nel 1990. La sua attività – si legge sulla pagina istituzione dell’Istituto alla voce Chi siamo – è quella di fare luce su “la storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione, sugli aspetti economico-sociali, culturali, militari e politici della Resistenza emiliano-romagnola” con conservazione dell’archivio storico del Pci (Partito comunista italiano) di Ferrara e dell’archivio della Dc (Democrazia cristiana) di Ferrara, a disposizione per la consultazione pubblica.

Via dei Trasvolatori atlantici a Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
Via dei Trasvolatori atlantici a Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)

E’ di questi giorni la notizia che Paolo Balbo, terzogenito di Italo, abbia donato a Isco più di 40 faldoni del “Corriere Padano”, fondato da suo padre nel 1925 e chiuso nel 1945 con l’arrivo delle truppe anglo americane. «Per fine ottobre – ha anticipato alla stampa la direttrice dell’Istituto, Anna Maria Quarzi – è prevista la consegna di un blocco di lettere, giornali, corrispondenza da parte degli eredi della famiglia, che in luglio avevano consegnato le collezioni di giornali e poi di altra documentazione». Il materiale sarà arricchito da una versione in copia dell’archivio particolare di Italo Balbo, già devoluto all’Archivio centrale dello Stato di Roma, con documenti pubblici e privati legati alle tappe della sua esistenza tra l’Italia e la Libia, di cui fu governatore.

Una donazione che ha un po’ il valore di un armistizio tra la famiglia e la città, che già ha scandagliato le responsabilità dell’epoca con ricerche culminate nella pubblicazione “Lo squadrismo: come lo raccontarono i fascisti, come lo vissero gli antifascisti” di Antonella Guarnieri, Delfina Tromboni e Davide Guarnieri, edito dal Comune di Ferrara nel 2014 in forma di e-book scaricabile in pdf.

Ora lo sbarco di materiali documentari mette da parte le contrapposizioni ideologiche in nome della lettura storica. E il cartello della via Trasvolatori Atlantici può decollare nella realtà cittadina in tutta la sua estrosa anomalia.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.


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