IL FATTO
“Tempi non brevi” per la riapertura del padiglione italiano ad Auschwitz
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Il blocco 21 di Auschwitz – quello italiano, chiuso dal 2011 – “riaprirà, ci mancherebbe altro…”, assicura il ministro alla Cultura Dario Franceschini, “ma i tempi – precisa Daniele Ravenna, direttore generale del Mibac – non saranno brevi”. La vicenda è surreale e costituisce uno sfregio alla memoria dei 7.500 ebrei italiani deportati. Ferraraitalia l’ha raccontata già nel gennaio scorso [leggi qua].
In sintesi, è accaduto questo: nel 2007 la direzione del museo di Auschwitz ha approvato nuove linee guide per le opere esposte, prevedendo allestimenti di taglio pedagogico-illustrativo. Dopo quattro anni di infruttuosi contenziosi con i vari governi italiani che si sono succeduti alla guida del Paese, il padiglione è stato chiuso d’autorità dai responsabili museali perché ‘il Memoriale’ (questo il titolo dell’installazione artistica multimediale, proprietà dell’Associazione nazionale ex deportati) “non corrispondeva più agli standard richiesti”.
“L’opera, collocata nel blocco 21 alla fine degli anni Settanta, in effetti è molto connotata culturalmente e storicamente – afferma Ravenna – è fatiscente e in ogni caso non è più ritenuta adeguata dai responsabili del museo, perciò va trasferita. Il padiglione è ancora chiuso perché si deve provvedere alla rimozione”.
Sono però già trascorsi otto anni da quando il problema è stato posto, quattro da quando è stato chiuso il blocco 21. E già da tempo la Regione Toscana si è offerta di dare ospitalità all’opera sfrattata, tant’è che a fine gennaio scorso era stata annunciata la sua “imminente collocazione” in uno spazio espositivo dell’Ex3, centro d’arte contemporanea.
Evidentemente c’è stato il solito intoppo, perché il trasferimento non è stato fatto. A confermarlo è ancora Ravenna: “Individuata la nuova collocazione, si sono dovute trovare le coperture economiche, reperite nei fondi del ministero della Cultura. Ora il ‘Memoriale’ verrà smontato, trasportato e rimontato a Firenze a cura dell’Istituto centrale dei beni culturali e dell’Opificio delle pietre dure”.
Però ancora nulla si sa del futuro allestimento al blocco 21. “Verrà costituito un comitato scientifico che se ne occuperà”. Ma il fatto che non siano stati designati neppure i componenti della commissione fa supporre che la questione non si risolverà in fretta. “I tempi prevedibilmente non saranno brevissimi – ammette Ravenna – di buono però c’è che i fondi già ci sono perché la Presidenza del Consiglio ha già da tempo riservato una somma importante al riparo dalle varie manovre finanziarie”.
Ma se nessuno decide di accelerare, la vergogna del padiglione italiano chiuso si protrarrà ancora per chissà quanto.
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Sergio Gessi
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