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Certe storie non si vorrebbero raccontare, ma si deve. Da qualche tempo Punte Alberete è stata sfregiata, settecento dei suoi alberi, soprattutto farnie e pioppi bianchi “cittadini” dell’habitat europeo, sono stati tagliati con la sega a motore. Molti erano secolari e sani, come rivelano i ceppi mozzati e conficcati nella terra a testimonianza di uno scempio di cui l’Europa potrebbe presto chiedere conto. “L’assurdità è che moltissime delle chiome erano rivolte verso l’oasi, interne rispetto alla statale. La paventata pericolosità per il traffico stradale e per chi percorre il sentiero interno, non giustifica il taglio indiscriminato che, se non fosse stato per gli ambientalisti, sarebbe toccato a duemila piante”, dicono dall’argentana Ardeola birding association di cui fanno parte ornitologi, esperti ambientali, guide escursionistico ambientali e appassionati. “Quanto è successo coinvolge tre enti, il Parco del Delta del Po, il Comune e la Provincia di Ravenna, che hanno dato il nullaosta all’operazione – dicono – Tutto è partito da una segnalazione arrivata in Prefettura, rimbalzata in Comune dove si è deciso di procedere al taglio. La Provincia ha dato l’ok facendo riferimento al Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale e il Parco ha detto sì: è stata una strage eseguita in assenza del controllo di esperti”. Nella denuncia c’è amarezza, rabbia e preoccupazione.

“Ci lascia di stucco la superficialità e la cecità con cui è stato autorizzato il disboscamento, che potrebbe rivelarsi un grave precedente utile a legittimare azioni analoghe in altri luoghi di pregio naturalistico attraversati da strade carrabili. Pensiamo alle foreste del Casentinese, al Bosco di Mesola, ma anche a tante altre zone di pregio di tutto il Paese – dicono – In questo specifico caso le maestranze hanno fatto piazza pulita di alberi sui quali bastava intervenire in maniera diversa e facendo riferimento alle valutazioni previste per ogni singola pianta. Alcuni alberi potevano semplicemente essere regolati, invece è stato un macello”. Piante secolari buone oramai solo da bruciare e chissà dove sono finiti tutti quei tronchi.

“Non si può trattare una risorsa ambientale e socioeconomica, unica per le sue caratteristiche, come un viale cittadino piantumato artificialmente – continuano – Stiamo parlando di un’altra cosa, di angoli irripetibili in Europa e forse anche nel mondo”. L’indignazione è alle stelle per quell’atto di violenza alla natura che, a detta degli associati, ha scavalcato le normative europee in vigore nelle zone di protezione speciale (Zps) di cui Punta Alberete è un gioiello nello scrigno del Parco e di Rete Natura 2000, lo strumento dell’Unione Europea di conservazione delle biodiversità. “Abbiamo scritto una lettera di biasimo al sindaco di Ravenna, ma non c’è stata ancora nessuna risposta”, concludono con desolazione.

Il costo del taglio del bosco pare abbia comportato un esborso di circa 200 mila euro, attinti dai proventi degli indennizzi versati da Eni per l’emungizione di gas, recuperato attraverso le trivellazioni nel Parco, più volte denunciate dagli ambientalisti come un’aggravante dello sprofondamento delle sue valli (subsidenza, ndr). Come dire: il danno e la beffa a scapito di un bene comune del cui valore naturalistico e socioeconomico, evidentemente, non ci si è ancora resi conto.
Per esigenze di marketing si fa del parco il fiore all’occhiello del turismo internazionale, si punta sulla riserva della biosfera Unesco del Delta del Po con l’intento di attirare gli appassionati di un habitat unico e poi lo si trascura al punto da non riconoscergli neppure una dignità interregionale, impigliata da decenni in differenti orpelli politici. Le due regioni cui fanno capo i due versanti del Parco diviso dal Po, si dicono ambientaliste, ma non si fanno scrupoli di guardare ciascuna al proprio business: l’Emilia-Romagna è stata l’unica a non dichiararsi contraria al capitolo trivellazioni del decreto “Salvaitalia” e il Veneto, in tempi ormai andati, non disdegnava il raddoppio della centrale elettrica di Porto Tolle oramai in disarmo. Con buona pace della natura.
E’ la schizofrenia italiana. Nell’attesa di decidere cosa si vuole fare di un gioiello naturalistico, Punte Alberete è stata denudata di parte delle sue chiome. Sulla vicenda la Regione ha avviato un approfondimento: “Proprio questa mattina sono state spedite le lettere con cui interpelliamo gli enti sull’accaduto. Abbiamo richiesto copia delle autorizzazioni, della valutazione di incidenza ambientale e contemporaneamente abbiamo interessato la forestale per capire come è stato eseguito il taglio”, dice Enzo Valbonesi, responsabile del Servizio Parchi e Risorse forestali regionali.

La chiave di volta, a quanto pare, starebbe proprio nella valutazione di incidenza ambientale, che dovrebbe tener conto dello stato di ogni singola pianta per calibrare gli interventi di manutenzione nelle zone protette. Se così non fosse stato, il caso di Punte Alberete potrebbe trasformarsi nell’ennesima procedura d’infrazione mossa dall’Europa. Ormai le segnalazioni sugli sfregi ambientali sono talmente tante da aver spinto la Commissione per l’ambiente della Ue a redigere, in marzo, un pilot con il quale si richiamano gli enti competenti alla corretta applicazione del diritto comunitario.

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Monica Forti



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