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Il Premio Sakharov per la difesa dei diritti dell’uomo sarà conferito quest’anno al ginecologo congolese Denis Mukwege, 59 anni, che cura, nella sua clinica di Bukavu, le donne stuprate e vittime di violenze sessuali nei conflitti armati dell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc). A deciderlo, il 21 ottobre scorso, è stato il Parlamento europeo. Il premio (50.000 euro) sarà consegnato, con cerimonia solenne, domani a Strasburgo, dal presidente del Parlamento europeo in sessione plenaria.
Istituito nel 1988, il premio riconosce, ogni anno, l’impegno di personalità distintesi nella difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Seguendo l’esempio del fisico russo Andreï Dmitrievitch Sakharov (1921-1989), i vincitori del premio, a lui intitolato, testimoniano il coraggio necessario per difendere i diritti dell’uomo e la libertà di espressione. Sakharov, preoccupato per le conseguenze del suo lavoro per l’umanità, tentò di far prendere coscienza del pericolo rappresentato dalla corsa agli armamenti nucleari e ottenne un parziale successo mediante la firma, nel 1963, del trattato contro i test nucleari. Considerato in Unione sovietica come un dissidente dalle idee sovversive, negli anni ’70 creò un comitato per la difesa dei diritti dell’uomo e delle vittime delle persecuzioni politiche. Vinse il Nobel per la pace nel 1975.

Oggi, i rappresentanti del Parlamento hanno sottolineato di voler assegnare tale riconoscimento al dottor Mukwege per il grande coraggio e determinazione con i quali si fa carico delle vittime di violenza sessuale nel suo paese. Si tratta di un segnale forte da parte delle istituzioni europee, per dire a tutte le donne vittime di violenze sessuali nei conflitti che non sono sole, che non sono abbandonate alla loro sorte e che il mondo è disponibile ad ascoltarle con grande attenzione. Il riconoscimento è importante anche per lo stesso Congo, che vive un momento difficile di “né di pace né di guerra”, con notizie quotidiane preoccupanti e allarmanti provenienti dai villaggi più remoti.
Denis, come vorremo chiamarlo, è soprannominato “l’uomo che ripara le donne”. Nella sua regione natale del Sud Kivu, all’est del paese, oltre 3.000 donne sono seguite, ogni anno, dal servizio di ginecologia da lui creato. Ha studiato in Francia, ma combatte per le donne del suo Paese, per quelle donne dai corpi mutilati dalla guerra (e non solo), il vero terribile e spietato nemico. Ogni giorno, Denis e la sua équipe brillante le accolgono, le ascoltano e le curano nell’ospedale di Panzi, a Bukavu, che dirige dal 1999. In 15 anni, oltre 45.000 donne stuprate e mutilate nella regione sono state accolte dalla sua struttura. Quest’uomo rappresenta una sorta di angelo custode. Un angelo che porta avanti, imperterrito e sicuro, una lotta contro la barbarie, ma anche contro il silenzio e la solitudine. Si è proposto il Premio Nobel per la Pace, per lui, ma sono arrivati vari riconoscimenti internazionali, per ora. Il dottor Mukwege vuole portare avanti la parola di queste donne, e per fare questo sfrutta tutte le platee possibili, tutti gli spazi offertigli per parlare dei loro drammi e denunciare ciò che lui, giustamente, qualifica come un crimine contro l’umanità. Si batte contro le atrocità di una guerra in cui lo stupro è utilizzato come un’arma da tutti gli schieramenti e il corpo della donna si è trasformato in un nuovo campo di battaglia. E allora, lunga vita al “Muganga”, come è noto Denis.

Si veda anche il libro di Colette Braeckman, “Muganga. La guerra del dottor Mukwege”, Fandango, 2014, 190 p., presentato anche a Ferrara, alla scorsa edizione di Internazionale.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.


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