IL FATTO
Ma il padiglione italiano nel museo della memoria di Auschwitz resta chiuso
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“L’Italia da cinque anni non paga il contributo alla fondazione del museo di Auschwitz e il suo padiglione al memoriale è chiuso. E’ una cosa per me molto triste e incomprensibile”. Si avverte un rammarico profondo e una sofferenza autentica nel tono di voce dell’anziana guida polacca che accompagna i turisti italiani nella visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. E’ autodidatta, ma si esprime con grande proprietà linguistica. “Non sono mai stata nel vostro Paese, ma mi sono innamorata del suono della lingua e della sua cultura. L’ho imparata studiando ma soprattutto leggendo romanzi”. La signora vive a una quindicina di chilometri di distanza dai campi di concentramenti, nel cuore e nelle mente porta l’orrore dello sterminio. Da anni si dedica a mantenere viva la memoria, “perché i giovani sappiano, perché non accada mai più, mai più”, scandisce.
L’Italia risulta essere l’unico Paese assente dall’esposizione museale. Ai visitatori la cosa non passa inosservata e desta sconcerto. Dal 2011 un semplice avviso “In allestimento” blocca l’accesso. La vicenda ha elementi surreali.
Inaugurato nell’aprile del 1980 il padiglione italiano ospitava un’opera collettiva concepita dal gruppo BBPR (Belgioioso, Banfi, Peressutti e Rogers) con Mario “Pupino” Samonà: una spirale ad elica nella quale il visitatore poteva entrare come in un tunnel. L’interno era rivestito da una tela composta da 23 strisce dipinte da Samonà, seguendo la traccia di un testo originale di Primo Levi, scritto appositamente. In sottofondo risuonavano le note di una composizione di Luigi Nono. L’allestimento aveva la regia di Nelo Risi, fratello del più celebre Dino.
L’esposizione è rimasta attiva sino al 2011, quando il padiglione è stato chiuso dalla direzione del museo. Nel 2007 erano infatti entrate in vigore le nuove linee guide approvate dal museo che richiedevano allestimenti di taglio pedagogico-illustrativo. Si è aperto un contenzioso con i vari governi italiani che si sono succeduti alla guida del Paese, senza però che si trovasse un’intesa. Così, nel 2011, il padiglione al Blocco 21 è stato chiuso d’autorità dalla direzione museale “perché non corrispondeva più agli standard”.
Nel frattempo la Regione Toscana si è offerta di dare ospitalità all’opera sfrattata e proprio la scorsa settimana è stata annunciata la sua imminente collocazione in uno spazio espositivo dell’Ex3, centro d’arte contemporanea. Ma ad Auschwitz resta invece un vuoto insostenibile e uno sfregio alla memoria dei 7.500 ebrei italiani deportati.
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Sergio Gessi
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