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Il quotidiano La Stampa, nella sua edizione digitale, ogni mattina accanto alla testata, quindi nella posizione di maggior risalto, pubblica con tutta evidenza il dato relativo allo ‘spread’, a significarne evidentemente la presunta importanza. Ma c’entra davvero qualcosa, quel numero, con la nostra quotidianità e le nostre vite?
Il cronista finanziario di Sky, nel suo collegamento a chiusura della contrattazioni in borsa, informa che il prezzo del petrolio al barile è sceso a tot dollari e commenta che “si tratta del peggior risultato degli ultimi mesi”. Ma peggiore per chi? Non certo per me, che domani al distributore pagherò verosimilmente meno la benzina…

Al mondo, però, capita anche altro: “La regione polare del Mar Glaciale Artico potrebbe risultare pressoché libera dai ghiacci già nel settembre di quest’anno o – al più tardi – nello stesso mese del prossimo anno. Sebbene la maggioranza delle stime siano più prudenti, posticipando la completa scomparsa del ghiaccio marino attorno al 2030, nella comunità scientifica c’è consenso sul destino del Polo Nord”, scrive lo scorso 10 giugno l’autorevole National Geographic.

La notizia lanciata anche dall’Ansa, è solo sfiorata dai quotidiani. La Stampa, tre giorni prima, l’aveva anticipata – con l’eloquente titolo “Il Polo Nord? Potrebbe svanire già quest’anno” – relegandola però nelle pagine della cultura… Eppure ciò che riporta è terrificante: “Sembra l’inizio di un film catastrofico”, scrive il quotidiano torinese facendo riferimento alle ricerche di “un acclamato docente dell’Università di Cambridge, il professor Peter Wadhams”, che studia da anni i mutamenti climatici nell’Artico. E riporta: “In pochissimo tempo è scomparsa un’estensione di ghiaccio pari a cinque volte l’Italia e questo significa una sola cosa: la catastrofe può essere molto vicina (…) Per avere un’idea delle conseguenze del riscaldamento in atto nel Mare Artico, dice Wadhams, basta guardare qualunque tg. Gli eventi meteorologici estremi sono quotidiani: cicloni ‘bomba’ e tornado fuori stagione, inondazioni negli Usa e in Europa, tempo sempre più violento e imprevedibile. Ma il peggio deve ancora arrivare (…) Il livello dei mari s’innalzerà e l’acqua dolce immessa negli oceani modificherà il ciclo delle correnti, con conseguenze devastanti”. “L’ultima volta che è accaduto è stato 100 mila anni fa, quando l’uomo di Neanderthal viveva sulle montagne dell’Altai, in Siberia”.
I suoi colleghi sono più cauti, ma solo nella datazione: “Secondo Gleick, lo scenario ipotizzato dal collega di Cambridge è realistico, ma non si realizzerà prima del 2030-2050. Ma nemmeno lui si fa illusioni sulla possibilità che il processo possa essere fermato: ‘Siamo come su un treno impazzito – ha detto – sul quale gli scienziati azionano continuamente il fischio, mentre i politici gettano carbone nella caldaia del motore’. Ma nessuno ha commentato. E di questo, in seguito, non si è letto più nulla…

E allora – domandiamoci – cosa conta veramente? Lo spread? A quali valori facciamo riferimento, quali fatti sono significativi e quali invece ci fanno credere siano importanti? E qual è il nostro punto di vista, da che parte vogliamo stare?

Il nostro pianeta è in pericolo proprio perché i principi guida che orientano le scelte dei governanti e le conseguenti azioni da loro intraprese di norma non tengono primariamente conto dei reali bisogni delle donne, degli uomini e di tutti gli esseri viventi che popolano questo nostro mondo, ma si definiscono e si conformano in prima istanza sulla base delle logiche economicistiche che garantiscono gli interessi e il profitto di chi attende la remunerazione del proprio capitale.
Non dunque la salvaguardia del benessere e la propugnazione dell’istanza di progresso, ma la tutela degli appetiti e della brama di ricchezza sta in cima ai pensieri di chi muove le leve che regolano i rapporti fra individui e comunità. E’ una logica, però, che non solo penalizza la maggioranza delle persone e non tutela i soggetti deboli d’ogni specie, ma pone addirittura a serio repentaglio la vita stessa del pianeta e delle creature che lo popolano.

A questo tema, attraverso la segnalazioni di una serie di significative ed emblematiche emergenze (che ampliano lo sguardo dalle insidie all’ambiente al livello comunitario, con il deterioramento del senso del legame sociale, la prevalenza dell’egocentrismo e dell’egoismo proprietario o per converso di un diffuso sentimento di anomia), Ferraraitalia dedica il proprio dossier settimanale. Buona (ri)lettura.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada


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