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Un concorso internazionale di architettura, riconosciuto ufficialmente, e un diniego del Ministero per i beni e le attività culturali, altrettanto ufficiale, per la sua concreta e legittima realizzazione.
Teatro della recente vicenda è Ferrara, comparsa nel dibattito nazionale per l’eclatante e pericoloso precedente creato, seppur non sia la prima volta. Un pericolo così tanto percepito, nella sua gravità, da aver condotto, lo scorso venerdì, alla proiezione in contemporanea, in tutta Italia, di un breve filmato esplicativo di un concetto molto semplice: ‘L’architettura rinnova le città nel tempo’. L’iniziativa, intraprendente e coraggiosa, è stata promossa dall’Ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della nostra Provincia, con l’obiettivo di sensibilizzare la società tutta sulla cruciale funzione che l’architettura svolge, e ha sempre svolto, nella continua creazione e ri-creazione delle città.

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I concorsi di architettura sono da sempre lo strumento che permette ai progetti vincitori di migliorare zone precise dei luoghi che abitiamo: l’impedimento della loro realizzazione, addirittura a posteriori, non solo vanifica tutto il lavoro svolto dalle professionalità coinvolte, ma contemporaneamente rende inutile lo strumento stesso del concorso, togliendo a quella porzione di città la possibilità di nascere o rinnovarsi. Il Palazzo dei Diamanti, sede di continue mostre ed eventi culturali, non sarà ampliato. A nulla è valsa la vittoria di un concorso internazionale, strumento forse non sempre perfetto, ma garante di qualità e imparzialità nell’affidamento degli incarichi di progettazione.
Forse che le città italiane, ricche della loro innegabile bellezza, sono rimaste sempre uguali a se stesse, e sono quel che vediamo oggi da sempre? Il progetto non prevedeva certo l’abbattimento del palazzo, ma un suo utile e sentito ampliamento, nel rispetto di un’architettura storica caratteristica di Ferrara. Il passato e il presente – la Storia ce lo insegna – sono sempre riusciti a trovare forme di dialogo, rendendo le città vive e vissute, non già semplici musei intoccabili a cielo aperto.
Si tratta di un’occasione perduta per tutte e tutti noi, noi che non siamo riusciti e forse non potevamo evitarlo. E’ evidente, senza dubbio alcuno, la presenza di un vuoto irrisolto nella situazione italiana: non perseveriamo nella convinzione secondo cui tutelare il notevole patrimonio, che ci troviamo ad avere in eredità, equivalga a bloccare l’innovazione nel presente. Proprio questa, infatti, ha generato le meraviglie che tanto ci fanno vantare. Se soffochiamo il genio insito nel nostro dna, annulliamo il valore aggiunto che la nostra fantasia ha regalato al mondo intero: proviamo a togliere da una giornata-tipo le invenzioni da noi partorite e quasi tutto scomparirebbe inesorabilmente.

Quelli che oggi consideriamo monumenti, un tempo non erano altro che nuove visioni e innovazioni, a volte anche folli e fino a prima impensabili. Senza il geniale architetto Imhotep, l’Egitto non avrebbe mai conosciuto le piramidi che oggi lo identificano in tutto il mondo. Senza la maestria artistica di Fidia, dimentichiamoci il celebre Partenone, icona meritata di Atene. E senza il fantasioso Eiffel, addio alla semplice e complessa torre che ha rischiato di essere smontata. No, i monumenti che oggi conosciamo non sono sempre stati tali. L’architettura rinnova le città nel tempo.

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Ivan Fiorillo

“Lo Scettico”: un divulgatore non convenzionale alla ricerca della verità.


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