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di Gianni Corazza

Egregio direttore,
Le scrivo per esprimere la mia modestissima opinione in merito alle questioni proposte sul tema Sinistra e problematiche annesse. Una risposta alle allettanti sue sollecitazioni potrebbe essere trovata, a mio parere, lontano nel tempo, alle radici del pensiero e dei movimenti che alla Sinistra fanno riferimento.
Tra i tanti assunti marxiani, credo che uno dei più trascurati dal popolo che si definisce ‘di sinistra’ (e in particolare dalla sua ‘intellighenzia’ meno incline all’omologazione) sia quello relativo al rapporto tra teoria e prassi.
Nelle “Tesi su Feuerbach” (1845) Karl Marx sostiene che “E’ nell’attività pratica che l’uomo deve dimostrare la verità […] La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica […] La vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che sviano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nella attività pratica umana e nella comprensione di questa attività pratica. I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo”.
In queste parole, ancor oggi, può essere individuata una delle chiavi più efficaci per interpretare ciò che accade nell’organizzazione sociale, nella politica e, in particolare, nel complicato dibattito che oggi arrovella e tormenta le forze politiche, più o meno organizzate della Sinistra.
Da una parte abbiamo l’attuale maggioranza Pd: un folto gruppo di politici, prevalentemente giovani, molto più propensi a lavorare per avviare a soluzione i problemi concreti che non ad arrovellarsi in sofisticate analisi socio-politiche, presuntivamente foriere di soluzioni miracolistiche. Dall’altra parte abbiamo l’attuale minoranza Pd e una complicata galassia di forze più o meno organizzate e di diversi ‘liberi pensatori’, perennemente indisponibili a qualsivoglia forma di appartenenza esplicita. Questo articolato ‘non gruppo’ sembra essere assai più interessato alla presunta salvaguardia di principi e valori e alla profondità e accuratezza delle proprie teorizzazioni che non al cambiamento e alla risoluzione dei problemi.
E’ mia convinzione che la caratteristica che maggiormente connota un approccio ‘di sinistra’ ai problemi dell’organizzazione sociale sia la volontà e l’impegno per cambiare la realtà. Ed è mia convinzione che un politico ‘di sinistra’ non dovrebbe mai perdere di vista questo impegno e questo obiettivo. Altri approcci, hanno invece (anche legittimamente) l’obiettivo della conservazione e della tutela delle situazioni consolidate, non quello del cambiamento.
L’azione politica (di sinistra) efficace è quella che realizza il cambiamento (anche parziale) non quella che si impegna soprattutto per produrre profonde ed esaustive teorizzazioni. Come dimostrano le vicende, anche meno recenti, del nostro Paese, queste acute teorizzazioni sono destinate a restare affermazioni velleitarie che potrebbero certo essere esaustive e teoreticamente corrette ma che, nei fatti, si sono dimostrate e continuano a dimostrarsi non realizzabili, sempre necessitanti di ‘ulteriori sviluppi’, ‘ulteriori fasi di crescita’, maggiori approfondimenti teorici. Ciò che propone questo tipo di approccio sarebbe perfetto: realizzerebbe l’utopia e la giustizia con le iniziali maiuscole, ma non si sa come attuarlo. Quindi aspettiamo che i tempi maturino e nel frattempo… lasciamo fare agli altri e manteniamo di fatto lo status quo, senza preoccuparci di quanto equo esso sia. Peraltro senza nemmeno interrogarci troppo su quello che sta cambiando (in peggio) attorno a noi e su quanto questo cambiamento stia intaccando le nostre velleità utopiche. Nei fatti questo tipo di approccio diventa uno strumento di conservazione, che connoterebbe assai meglio forze politiche ben diverse.
A ben vedere è in parte questa una costante della storia della Sinistra più recente. Il caro Bertinotti, che fece cadere i governi dell’Ulivo per la questione delle trentacinque ore (paradossale e ridicola per le migliaia di persone che in seguito persero il posto di lavoro). I sindacati, che negli anni ‘80 e ’90 non hanno mosso dito sulla delocalizzazione e sulle regole di mercato europee e oggi (a stalla ormai vuota, si potrebbe dire) non sono in grado di fare altro che riproporci la tutela degli occupati, la conflittualità contro le poche imprese rimaste e la difesa, anche contro ogni decenza, degli ipergarantiti della pubblica amministrazione. Da qui si vede l’incapacità della ‘sinistra-sinistra’ di farsi agente di cambiamento essendo invece, nei fatti, conservatrice di privilegi e ingiustizie.
Dopo la riforma Fornero e la presa di consapevolezza delle ragioni strutturali che l’hanno determinata e del radicale cambiamento di prospettive per i trattamenti pensionistici dei prossimi anni, si continuano a difendere i ‘diritti acquisiti’ e l’apparato giuridico ordinamentale che li protegge, anche se ciò risulta, nei fatti, quanto di meno equo e socialmente giustificabile possa darsi. Fermarsi alla forma delle trasformazioni sociali e restare fermi su principi, ormai acclaratamente inapplicabili all’universo degli aventi diritto, è quanto di meno ‘di sinistra’ si possa fare. Oggi tali caratteristiche sono rinvenibili soprattutto nella complicata galassia di forze che si oppone al rinnovamento in atto nel Pd. E lo si vede nei fatti, nelle alleanze che questi, di volta in volta, sperimentano: le forze più retrive e/o avventuriste del panorama politico.
Per quanto si riferisce al dibattito sulla sinistra di oggi e quella di ieri (o dell’altro ieri) e alla nostalgia della piazza che fu, mi pare di poter dire, che la piazza che fu non può chiamarsi fuori. Nè restare a fare testimonianza. Buona parte delle responsabilità nell’incapacità di percepire il cambiamento e nel tutelare i “diritti acquisiti” (in realtà: privilegi estorti ai nipoti!) viene anche da lì. Mi pare che non serva a nulla, non cambi nulla, e quindi non sia di sinistra, rimpiangere il tempo che fu, come non lo è arrovellarsi sui distinguo segnando il passo all’infinito.
E per esplicitare l’opinione in ordine alle altre sollecitazioni della Redazione, si può affermare che oggi dipende dalle persone che si riconoscono nella Sinistra impegnarsi affinchè essa diventi una forza che si adopera per trasformare in meglio la realtà con gli obiettivi e i valori storicizzati della Sinistra di sempre. E ciò senza più farsi bloccare da presunti acuti teorizzatori politici (sedicenti difensori a oltranza dei valori democratici) che in realtà hanno dimostrato di essere (a loro insaputa, va dato atto!) una sorta di gattopardi che per volere un cambiamento troppo perfetto hanno contribuito a perpetuare, attualizzandoli, ingiustizie e privilegi di cui loro stessi sono talvolta fruitori.

 

dibattito-sinistraInvitiamo i lettori a sviluppare il confronto, incardinato su alcuni nodi politici: cos’è diventata oggi la Sinistra, quali valori esprime, quale personale politico la rappresenta, a quali aree sociali fa riferimento, per quali obiettivi sviluppa il proprio impegno, quali sono la visione e il progetto di società che intende realizzare.
Il tentativo è di andare oltre l’analisi, spingendosi sul terreno della proposta.
Attendiamo i vostri contributi. Scrivete a: direttore@ferraraitalia.it

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