Il deficit ci affossa. Eppure l’Italia è prima della classe per la tenuta dei conti pubblici
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L’Italia ha i propri conti a posto: ma allora perché il debito pubblico è così alto?
Tabella 1
La tabella del nostro Ministero delle Finanze ci mostra come l’Italia sia stata dal 1995 la prima della classe in quanto a entrate / uscite e tenuta dei conti pubblici in fase di avanzo primario. Per chi avesse qualche dubbio su che cosa indichi l’avanzo primario, si immagini la contabilità dello Stato come un foglio sul quale tracciamo una sorta di partita doppia dove da una parte ci sono le entrate e dall’altra le uscite. A fine anno si traccia una riga e si sommano entrate ed uscite (senza conteggiare ancora gli interessi), se le entrate sono superiore alle uscite abbiamo un avanzo primario, se le uscite sono invece superiori abbiamo un disavanzo, ovvero un deficit di bilancio. Ebbene, come ci mostra il MEF, dal 1995 al 2014 l’Italia ha sempre tenuto a posto i conti, anzi ha realizzato dei surplus di bilancio, spendendo meno di quanto ha incassato tranne che nel 2009. Un vero record a livello europeo e quindi siamo, in questo settore, i primi della classe. Continuando con l’esempio della partita doppia dobbiamo però aggiungere al nostro primo totale di entrate ed uscite gli interessi e qui viene la nota dolente. Infatti seppur ho un surplus nel 1997 di 85,952 miliardi dopo aver pagato 123,664 miliardi di interessi sul debito accumulato mi ritrovo con un deficit finale di 37,712 miliardi nonostante il surplus iniziale (ottenuto ovviamente con aumenti di tasse, vendite di patrimonio pubblico e peggioramento dei servizi, quindi nonostante lo Stato sia più povero ho un deficit). Dal saldo primario della prima tabella per l’intero periodo sono stati pagati in totale 1.650 miliardi di euro (pari al 6% del PIL), ma se partissimo dal 1981 (tabella 2) scopriremmo che addirittura ne abbiamo pagato più di 3.100. Cifre spaziali!
Tabella 2.
Dai dati precedenti e sugli anni considerati nella tabella del MEF l’avanzo accumulato è di 585 miliardi di euro (dalla tabella 2: 740,232 partendo dal 1980 al 2012) contro, ad esempio, quelli della Germania che sono 80 miliardi per lo stesso periodo, mentre la Francia ha disavanzi per – 475 miliardi. Un primato che però non ci ha dato benefici né in termini di crescita né in termini di diminuzione di stock del debito pubblico e nonostante le tante svendite di patrimonio nazionale, a dimostrazione che sono sbagliate sia le politiche economiche intraprese in questi anni dai vari governi che si sono succeduti sia come sono state impostate le entrate e le uscite, un vero disastro. Qualcuno potrebbe dire che si sono succeduti tanti governi e che se hanno tutti seguito questa strada vuol dire che non c’erano soluzioni alternative. La risposta sta’ nel fatto che se è vero che sono cambiati i governi è altrettanto vero che le persone che hanno intrapreso i grandi cambiamenti degli anni ’80 e ’90 sono in realtà sempre presenti sulla scena italiana ed europea. Hanno variato solo la carica, ergo ci hanno governato sempre le stesse persone e gli stessi grandi interessi (da Draghi Monti, da Amato a Ciampi e Andreatta. Ultimamente si è affacciato sulla scena qualche loro figlio politico).
Tabella 3.
Quest’ultima tabella (fonte DEF 2015) ci mostra la ripartizione del debito, cioè chi detiene i titoli pubblici italiani. Possiamo osservare che l’eurosistema ne detiene il 29,4%, percentuale in calo rispetto agli anni prima del 2011-2012 da quando cioè la fiducia nel nostro Paese e sulla nostra “solvibilità” è cominciata a venire meno. Serve per avere idea di quanto sia il debito vero, cioè quello dovuto all’estero che ha un peso diverso rispetto a quello interno (non vuol dire che non deve essere onorato ma che cambiano i parametri di pericolosità). Inoltre si noti che al 2014 la Banca d’Italia deteneva il 7,8% di questo debito. Il Quantitative Easing (QE) di Mario Draghi è iniziato a Marzo del 2015 per cui la percentuale si è di molto ingrossata calcolando che, secondo il piano della BCE, la stessa ha inizialmente comprato titoli per 8 miliardi al mese e attualmente quasi 10. Se come previsto gli acquisti dureranno fino al 2017 la Banca d’Italia avrà acquistato più di 200 miliardi in titoli di stato sui quali, tra l’altro, versa una percentuale al Tesoro di profitti di esercizio e di tasse sulle plusvalenze (per avere un’idea: nel 2015 la Banca d’Italia ha versato allo Stato 3.169 miliardi – fonte Banca d’Italia). Insomma il Tesoro, l’Italia, guadagna subito sui Titoli detenuti dalla Banca d’Italia e più acquista più il debito diminuisce, del resto il Giappone ne detiene quasi il 50% e Londra circa il 25%. Inoltre un debito detenuto dall’emittente dello stesso, si intuisce, non è poi un debito così problematico.
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Claudio Pisapia
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