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“La poesia non è una cosa morta, ma vive una vita clandestina”. La verità di questa bellissima frase di Edoardo Sanguineti si può constatare anche a Ferrara, non solo in un’affollata conferenza alla biblioteca Ariostea, ma anche in una stanza silenziosa del Palazzo Massari.
Durante i mesi estivi, quel Palazzo in via Porta Mare talvolta è di un caldo insopportabile, non c’è aria condizionata e ammirare i quadri diventa un vero tormento. In quel periodo è particolarmente difficile concentrarsi sulle opere d’arte, essendo alla continua ricerca di qualcosa con cui potersi rinfrescare, eventualmente anche solo di un colloquio con qualcuno che ci faccia dimenticare il caldo. Durante una delle mie visite, ho avuto modo di intrattenermi con uno dei custodi che, annoiato, andava avanti e indietro per le sale. Non ricordo più nemmeno bene quale domanda gli feci. Comunque mi rispose piuttosto di malumore e quindi mi trattenni dal fargli altre domande. Poi, però, si avvicinò e mi chiese da dove venivo, e quando seppe che ero un giornalista, cominciò a farsi loquace. Prima mi fece un gran numero di elogi ambigui sulla Germania, affermando tra l’altro che gli americani sarebbero la causa di “tutte le nostre disgrazie”. Non mi disse a quali disgrazie si riferisse, ma per lui era più importante individuare i colpevoli che definire le colpe. “Gli americani sono più terribili di Hitler”. Espressi il mio dissenso e mi avvicinai nuovamente ai quadri. Però lui continuò a seguirmi. Grazie a dio non insistette più con le sue assurde teorie storico-politiche, ma cercò di richiamare la mia attenzione parlando di un altro argomento. Mi chiese se scrivevo anche romanzi e poesie, affermando che pure lui era uno scrittore e che amava molto la poesia. Mi disse che leggeva regolarmente poesie di Montale e di Ungaretti, poeti dai quali si lasciava ispirare per le sue opere. Per convincermi della sua serietà prese un mucchio di fogli da una borsa appoggiata su una sedia: erano poesie scritte il mese precedente. Disse di volermele regalare e che forse la mia conoscenza dell’Italiano sarebbe bastata per tradurle. Questo regalo mi riconciliò con il custode, le cui assurde opinioni politiche non potevo certamente condividere. A questo incontro strano si accompagna molto bene una nota letta sulla “Nuova Ferrara” in quei giorni afosi: a Bologna alcuni ladri erano entrati nell’appartamento di un carabiniere che si era recato alla messa domenicale con la famiglia; molti oggetti preziosi erano stati trafugati e il carabiniere lanciò un appello ai ladri, specificando che il valore materiale degli oggetti rubati non era per lui così importante e li pregava – sotto forma di versi – di restituirgli almeno i fogli con le sue poesie.

[Si ringrazia Giovanna Runggaldier per la traduzione del testo in Italiano]

Carl Wilhelm Macke, giornalista pubblicista indipendente, è segretario generale dell’associazione “Journalisten helfen Journalisten” con sede a Monaco di Baviera. Amante da sempre dell’Italia, è un cultore della letteratura emiliano romagnola contemporanea. Vive tra Monaco di Baviera e Ferrara.

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.


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