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Il cuore dov’è
Un racconto di Carlo Tassi

Primavera dell’Ottantadue.
Festa a casa di Marianna. Serata senza genitori e batticuore a mille.
Manca poco.
L’incognita dei baci. Baci immaginati, sognati, temuti, vietati.
Io sono pronto: polo bianca, jeans, scarpe da tennis e cinquemila lire in tasca.
Adrenalina, mal di pancia e un goccio di rhum di nascosto per carburare.

Esco.
Vado da Andrea. Alla fine della mia via giro l’angolo e sono sotto casa dei suoi. Saluto sua madre e salgo le scale. Lui mi accoglie in camera sua, si veste per la festa e mi parla di Beatrice. Mi racconta della sera prima, della sua prima volta. Mi mostra un succhiotto, mi dice tutto.

È il mio migliore amico, è giusto così.
Io l’invidio, non l’ho ancora fatto. Lui mi dice: «Senti, se non ti togli Roberta dalla testa, arriverai a vent’anni ancora vergine!», poi scoppia a ridere.

Ho con me i dischi che mi ha passato Marco. Sarà lui a stare in consolle, io gli darò una mano. A mixare e fare scalette è il più bravo di tutti, la banda si fida.
La banda siamo sempre noi: io, Marco, Andrea, Gepry, Sandro, Carion e tutti gli altri… I soliti insomma.
Poi ci sono le tipe della festa, ovvio.
Io sono cotto di Roberta, lo ammetto… Sì, lo so che a lei piace Marco, il fatto è che non riesco a non pensarla. E poi chissà, magari le è passata. Magari alla festa succederà qualcosa.
Nella testa solo fantasie e desideri. Agitazione, eccitazione, voglia d’esserci, di sognare ad occhi aperti.
Tra poco saremo al centro del mondo. Gira il mondo e gira la testa.

Penso a Roberta di continuo, è inevitabile. Forse stavolta s’accorgerà di me.
Occhi scuri come notte di tempesta, capelli lucenti come ossidiana, pallore lunare. Il viso, un ovale perfetto con una piccola cicatrice sulla fronte che fa impazzire. Il sorriso, un faro che illumina il mio mare di sogni.
Ma alla fine di tutto, il pensiero indugia sui suoi seni che mi bloccano il respiro, e scivola nel mistero celato sotto la gonna. Ultimo, sublime peccato mortale. Splendido arcano che mai riuscirò a scoprire… O forse sì.

Comincia la festa.
A pochi isolati di distanza c’è la casa di Marianna, una villetta indipendente in mezzo al verde di Villa Fulvia.
I genitori di Marianna sono fuori Ferrara. La taverna è diventata una discoteca affollata.
Io e Andrea ci diamo appuntamento là, lui prima passa a prendere Bea.
Questo sabato notte sarà completamente nostro. Siamo gli attori del nostro film preferito, siamo le star del tutto esaurito. La storia si ricorderà di noi, ne sono sicuro.

Sono arrivato.
Andrea e Beatrice si appartano in un angolo. Ruggy arriva con Elisa, stanno insieme da due mesi.
Carion mi saluta, è già mezzo ubriaco. Paola e Claudia ballano in coppia, come sempre.
Mi viene incontro Gepry. «Senti, Marco non s’è ancora visto. Ci pensi tu a mixare?» mi dice.
«Ok!» gli dico.
Vado alla consolle, un tavolino per picnic apparecchiato hi-tech. Accendo le luci strobo e inizio a metter su dischi: The Police, Simple Minds, The Cure, The Clash…
Mi guardo attorno, Roberta non è ancora arrivata.
Queen, Dire Straits, Duran Duran, The Stranglers, Culture Club…
Do you really want to hurt me… Marianna mi porta da bere. «Ciao Mary, hai visto Roberta?» chiedo.
«No, non l’ho vista» dice. Poi si mette a ballare reggae con Paola e Claudia.
Madness, The Specials, Devo, Talking Heads, The Jam, Soft Cell…
Where the heart is… Gepry mi passa accanto, occhi luccicanti e birra in mano. Lo blocco, «È arrivato Marco? Non voglio restare tutta la sera a metter dischi da solo!» gli dico.
«Dev’essere fuori in cortile… Dai, vallo a chiamare che qui ci penso io!»
«Ok grazie, vado e te lo porto!»

Esco fuori.
È buio e fa fresco. C’è una selva di vespe e motorini nello spiazzo del cortile. Mi guardo attorno, poi vedo due ombre in piedi dietro una siepe, mi avvicino.
Riconosco Marco, è di spalle e sta baciando una tipa.
Tossisco di circostanza, non voglio rovinare il momento. Marco si gira, mi vede e sorride imbarazzato. Dietro di lui c’è Roberta, abbassa lo sguardo e si sistema la camicetta.
«Ciao Carlo. Gepry m’ha detto che sei tu alla consolle. Stai andando alla grande!» dice lui.
«Beh grazie… Ti cercavo per dirti che vado a casa. Non mi sento per niente bene… devo aver mescolato troppa roba da bere», mi trema la voce, in realtà non ho bevuto quasi niente. «Mi ha sostituito Gepry, se vuoi dargli il cambio ti sta aspettando… ci sentiamo domani, ciao Marco!»

Distolgo lo sguardo e affretto il passo. Avrei mille cose da dire a Roberta. Parole che mi bruciano dentro, ma non ce la faccio. Non ho nessun diritto su di lei, lei non è la mia ragazza.
E Marco è mio amico…
M’allontano quasi di corsa, con la testa nel pallone.

Torno a casa.
Mi passo una mano sul petto. C’è un buco vuoto.
E il cuore dov’è?
È rimasto là fuori, alla festa. È caduto nell’erba… Tramortito, disseccato.

Che resti lì per un po’, per questa notte almeno, a bagnarsi di rugiada.

Where The Heart Is (Soft Cell, 1982)

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/


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