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Il crollo degli archetipi ed i disturbi del pensiero nei nativi digitali/1

di Vincenzo Masini

La rivoluzione digitale propone nuovi e più gravi problemi di relazione educativa perché incide sulle forme del pensiero e non sulle emozioni ponendo problemi diversi ma con la stessa gravità di quelli delle tossicodipendenze degli anni ‘70.

Gli archetipi
L’archetipo è l’immagine originale, l’esemplare di riferimento, l’idea del prototipo su cui si costituisce la norma, la forma primitiva di un pensiero. In chiave relazionale l’archetipo è il modello inconscio di riferimento circa il significato di una relazione che non investighiamo, dando per scontata la comprensione universale di quella relazione.
Carl Gustav Jung ha formulato in modo esplicito la teoria degli archetipi. Egli afferma che essi sono impostazioni psichiche innate trasmesse in modo ereditario…
Tali prototipi universali precedono la coscienza individuale e sono sorti nell’antichità in una fase della evoluzione in cui l’essere umano non aveva ancora sviluppato la coscienza riflessiva sulle principali relazioni nella vita umana.
Le relazioni primarie non sono prodotte dal sistema sociale, al contrario è il sistema sociale che prende forma evolutiva sulla base delle relazioni biologiche riproduttive primarie. Il fatto che le relazioni primarie su cui vigono i costrutti archetipici si stiano trasformando nella post modernità propone numerosi interrogativi scientifici: che volto assumono le forme archetipiche del matrimonio, della paternità, della maternità e della fraternità, le più antiche e fondative dell’identità umana, ma anche l’idea di coppia e di famiglia, di maschile e di femminile, di paterno e materno, di fraterno, di amico, di parente, di collega?
Tali figurazioni relazionali archetipiche sono i canali relazionali di particolari forme di affettività, rispettivamente quello coniugale, quello paterno, quello materno e quello fraterno che inconsciamente hanno guidato il comportamento sociale e la costruzione delle identità.
E’ anche vero che gli archetipi contengono degenerazioni primitive e ambivalenti: per il figlio l’archetipo materno negativo della supermamma, madre simbiotica, madre complice, madre incestuosa, madre iperprotettiva, madre anaffettiva e distaccata, iperprotettività ecc.; per la figlia l’archetipo materno negativo della rivalità femminile nel possesso del maschio e nell’esercizio del potere domestico. L’archetipo paterno negativo per il figlio maschio implica la rivalità, la successione, la conquista e/o la consegna delle chiavi del mondo, per la figlia l’incesto affettivo, il timore della differenza, la distanza paterna, il desiderio di esclusività relazionale ed il bisogno di sentirsi la preferita. Anche nella relazione matrimoniale intervengono gli archetipi negativi: il marito padre, il marito madre, la moglie madre, la moglie figlia, la moglie padre, la coppia di fratelli, i complici nella sessualità, …con degenerazioni relazionali che spesso conducono alla crisi ed alla violenza domestica: abusi sessuali, aggressione fisica, minacce di aggressione, intimidazione, controllo, stalking, violenza psicologica, trascuratezza, deprivazione economica.
Siamo però oggi in grado di orientarci nell’affettività relazionale facendo a meno delle prime canalizzazioni che gli archetipi primari ci offrono? Di conseguenza stiamo correndo il rischio di veder evaporare gli archetipi sotto la pressione delle principali istanze postmoderne: il gender, il ciberspazio, l’ipocrisia e la privacy?

La destrutturazione archetipica mediante gender
La filosofia politica del modello gender (il carattere sessuato non è più biologico ma culturale ed è auto percettivo, ovvero fondato sul come una persona sente di essere, indipendentemente dalla sua biologia ) corrode il significato della mascolinità e della femminilità a cui si riferiscono i modelli archetipi della paternità e della maternità ma anche della coniugalità.
E’ attualmente in uso l’acronimo di derivazione anglosassone “LGBTQ” per indicare le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender o transessuali. Ultimamente tale acronimo si è esteso anche alle persone che vivono una condizione intersessuale e alle persone che si identificano come queer. “Il termine queer, dall’inglese “strambo”, “eccentrico” ma anche “finocchio” e “frocio”, indica attualmente una condizione soggettiva in cui non ci si riconosce nelle identità fisse, nelle categorie precostituite nella logica binaria etero/omo, maschile/femminile” .
L’attuale orientamento alla pansessualità ovvero alla potenziale attrazione (estetica, sessuale o romantica) per delle persone indipendentemente dal loro sesso, supera sia la concezione binaria di maschio/femmina ma anche quella di genere definendosi come attrazione verso le persone indipendentemente dal loro genere. Alcune persone pansessuali sostengono che sesso e genere siano insignificanti per loro. Questa apertura pansessuale non è banale giacché sposta sul piano della libido psicocorporea la caratterizzazione spirituale delle anime che, dopo la morte del corpo, non hanno una identità sessuale così come gli angeli . La destrutturazione degli archetipi del maschile/femminile ha quindi una prospettiva pseudo metafisica per coloro che, a partire dall’orgoglio omosessuale e dalla lotta alla omofobia, vedono coincidere la dimensione spirituale con la realtà virtuale.

Dissoluzione degli archetipi e nativi digitali
Il cyberspazio è un contenitore in cui le persone possono comunicare attraverso identità che sono limitate solo dalla loro immaginazione. Tale realtà virtuale, “cyberdelic”, nasce da personaggi che provengono dalla rivoluzione psichedelica della beat generation degli anni 60-70 e probabilmente senza la cultura alternativa i computer non sarebbero esplosi nello scenario mondiale.
L’enorme potenziamento della comunicazione mediante il cyberspazio non espone al solo rischio, per noi centrale, della confusione tra comunicazione e relazione ma anche alla formulazione di idee, concetti e teorie che si diffondo velocemente come nuove forme di ideologia intorno a questioni fondamentali del senso della condizione umana: non solo la distinzione tra maschile e femminile ma anche tra animali ed esseri umani, tra mediatori e manipolatori della spiritualità, tra metafisica e realtà virtuale, tra memoria e apprendimento, tra economia e finanza, tra guerra e pace, tra salute e salutismo, tra competizione e collaborazione, tra rispetto e trasformazione dell’ambiente,…
La caduta di riferimenti nella cultura postmoderna non riguarda solo gli archetipi messi in discussione ma il complessivo stile di vita che, accanto alla sensazione apparente aumento di libertà, riduce invece le sicurezze e le possibilità di scelta, in ragione della scarsa trasparenza degli obiettivi e della complicazione nelle strategie da intraprendere. Intendo dire che la scelta di un percorso scolastico, di un lavoro o di una professione, di una abitazione è centrata quasi esclusivamente sull’immagine che si ha e non sulla sostanza effettiva.
L’unica meta su cui verte l’interesse è il benessere e il successo. Quest’ultimo è focalizzato anche sui più piccoli momenti della vita quotidiana: il successo nel dire una battuta, i “mi piace” ottenuti su facebook, la gloria nel segnare un goal o prendere un buon voto.

Vincenzo Masini, 66 anni, genovese, sociologo, psicologo, psicoterapeuta e counselor. E’ stato professore presso l’Università di Palermo, Trapani, Roma “La Sapienza”, Università Pontificia Salesiana, LUMSA, SSIS del Lazio e della Toscana, Università di Siena e Università di Perugia. Studia i processi di relazioni interumane, i conflitti e le affinità interpersonali dagli anni ’80 a partire dall’analisi dei processi criminali (1984, Sociologia di Sagunto: le tipologie di comportamento mafioso, Angeli), devianti e di patologia psicosociale (1993, Droga, Disagio, Devianza, IPREF). Ha analizzato i percorsi di uscita dal disagio nei gruppi sociali (Le comunità per tossicodipendenti, Labos, Ed. T.E.R.; Comunità Terapeutiche e servizi pubblici, Il Mulino;) attraverso l’interazione empatica e linguistica (Empatia e linguaggio, Università per Stranieri, Le Monnier,) e la ricomposizione nelle personalità collettive di gruppo (Personalità collettive in Interessi, valori e società, Angeli). Dirige il progetto nazionale Prevenire è Possibile ed è membro del National Board for Certified Counselor International.

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Redazione di Periscopio



PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)