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“Natale coi tuoi, Pasqua con chi vuoi”, proclama festoso il sant’uomo, da intendere “Pasqua con chi voglio io”. Ma mi ero svegliata bene la mattina di Pasqua, benedetta fluoxetina, che assumo con generosità sotto forma di quelle generose pastigline di Prozac, dovrebbero farlo santo l’inventore. San Prozac, segnalato sul calendario per esempio dopo la prima domenica di Avvento, riscuoterebbe più audiens di San Giuseppe.
Tu sai, cara Ada, che ormai i farmacisti della città mi conoscono e mi tengono rifornita di psicofarmaci anche con ricette vistosamente false, ma non farmi perdere il filo… Mangio benzodiazepine sera e mattina, ormai è una questione risolta e va bene così.
Devi sapere che avevamo ricevuto l’invito per un petit dejeunér da un’amica molto chic nella sua villa di Fregene. Grazie a San Prozac il tono dell’umore era alto e accontento il sant’uomo senza tergiversare. Ma che cosa mi metto? Per una colazione informale, in una villa nella pineta di Fregene, dove le case sono più umide e più care, qual è l’abbigliamento giusto? Ti dico la verità, Ada, il sant’uomo cominciava a spazientirsi mentre io, freneticamente, tiravo fuori dall’armadio pantaloni alla pescatore, no troppo giovani!, maxipull al ginocchio peggio che andar di notte! Alla fine opto per una gonnellina a pieghe color notte con maglietta rigata che è il massimo del bon ton. Il sant’uomo approva e partiamo. Ma i guai devono ancora cominciare. Appena superato Sasso Marconi il cielo si fa fosco, “non allarmarti amore mio, è ancora molto presto, più tardi migliorerà. Ho guardato le previsioni del tempo del parmacotto ieri sera, regioni centro-meridionali bel tempo, mari poco mossi, venti deboli.” Vorrei timidamente eccepire che dei mari non m’importa un fico: santo Prozac funziona ancora. Dopo cinque ore arriviamo a Fregene sotto una pioggia battente, i tavoli imbanditi si sono rovesciati, gatti felpati balzano dall’uno all’altro portando a termine i guasti del temporale, i piccoli strillano e strilla anche la signora chic, che, nel trambusto della bufera, ha perduto l’apparecchio acustico. “Buona Pasqua, buona Pasqua”, urla nel vento, mi viene il sospetto che sia anche cecata.
“In salotto per gli aperitivi!”, impone qualcuno e tutti a tuffarsi in salotto, mezza flute di prosecco e quattro salatini malinconici. “Peccato – annuncia ineffabile la signora chic addobbata di gioielli veri, sopra un abituccio che ha conosciuto tempi migliori – avevo fatto preparare due cosucce tanto per rompere il digiuno, poi la pioggia ha rovinato tutto. Ma non importa, la bellezza è ritrovarsi insieme.”
Però che classe! dico al sant’uomo affamato, mentre riprendiamo la via del ritorno, che stile invitare a pranzo e non dare niente da mangiare! Non dire che hai fame, sai, non fare il ceto medio! Un aristocratico è sempre mal nutrito.
Quando si dice una Pasqua santa.

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