Il coro Ha-Kol a Ferrara nell’evento MEIS per IHRA
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Da: Ufficio Stampa Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS
“Dalla memoria alla speranza. La tradizione musicale ebraica italiana”. È il tema conduttore del concerto che ieri sera il coro ebraico di Roma Coro Ha-Kol (“La Voce”) ha tenuto alla Sala Estense di Ferrara, in onore dei delegati dell’Assemblea plenaria dell’IHRA – International Holocaust Remembrance Alliance. A organizzare l’evento, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS, in collaborazione con il Comune di Ferrara e con la Comunità ebraica della città estense.
Introdotti dal Presidente del Coro, Richard Di Castro, i ventidue coristi di Ha-Kol, fondato nel 1993 per iniziativa di alcuni cantori del Tempio Maggiore di Roma e di altri amanti della tradizione musicale ebraica, hanno interpretato opere e composizioni corali dello straordinario patrimonio musicale e religioso della Comunità di Roma, una delle più antiche d’Europa, di compositori vissuti dal XVI al XX secolo, musiche del mondo ebraico sefardita e askenazita, e brani musicali contemporanei, non solo liturgici, ma ispirati ad argomenti di vita ebraica.
Le sezioni di soprani, contralti, tenori e bassi, sotto la direzione del M° Camilla Di Lorenzo, hanno eseguito il Baruch abbà (Salmo 118) di Elio Piattelli, tratto dal cerimoniale del matrimonio ebraico, e uno struggente Qui in questa terra, dal Thesaurus Musicæ Concentrationariæ di Francesco Lotoro: il canto – o meglio, la richiesta di aiuto – delle donne ebree italiane nel blocco femminile di Birkenau sulle note del canto della Speranza, Ha-Tikwà.
Ai canti della tradizione – il gioioso Allelujà (Salmo 150), che accoglie gli sposi al loro ingresso nella Sinagoga, il Betzèt Israèl (Salmo 114), per i giorni di Pesach e di festa solenne, e lo Shir Ammaalòt (Salmo 133) – è seguito il programma della pianista Svetlana Pekarskaya, che ha esordito con la Sonata n. 7 per pianoforte solo (1944) di Viktor Ullmann, ucciso ad Auschwitz, per continuare con le Quattro romanze senza parole di Felix Mendellsohn Bartholdy e il Prelud Re bemolle maggiore “Moderato” di Reinhold Glier.
A chiudere la serata, una seconda parte di canti della tradizione – il Maoz Tzur di Benedetto Marcello, ovvero il canto della Festa ebraica di Chanukkà, e il Weshomerù (Esodo 31, 16-17), con la musica di Heinrich Shàlit, una preghiera di consacrazione dello Shabbat, il giorno più importante per l’ebraismo, santificato e dedicato al riposo.
Infine, i canti di speranza e di gioia: il sefardita Los Bilbilicos, che esprime la sofferenza per un amore lontano, ma anche la speranza che torni presto; Elì Elì – Andando verso la Cesarea…, un’invocazione al Signore perché le meraviglie della natura e del Creato continuino a manifestarsi; When you believe di Hans Zimmer e Stephen Schwartz, dal musical Il principe d’Egitto; To life di John Williams e Jerry Bock, dal film Il violinista sul tetto.
A sancire l’apprezzamento per l’iniziativa da parte dei delegati IHRA, delle autorità e dei membri della Comunità ebraica presenti alla Sala Estense, i numerosi applausi e la richiesta di un bis.

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Riceviamo e pubblichiamo
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani