I tempi cambiano: lontani echi di un amore metafisico fra le cronache dei diabolici amanti d’oggi
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di Massimo Maiarelli
“E’ sempre nostro parere non opporre difficoltà qualora Ella dimostrasse chiaramente di essersi creata una posizione solida da permetterLe il formarsi di una famiglia tenendo presenti le odierne esigenze di via.”
Chi ha scritto questa lettera, quando e, soprattutto, a chi era indirizzata?
Siamo nel periodo della grande guerra, esattamente un secolo fa, il destinatario era Giorgio De Chirico, il mittente il padre di Antonia. Antonia non coronò mai il suo sogno d’amore e non sposò mai Giorgio, pur amandolo per tutta la vita. Eppure De Chirico proveniva da una agiata famiglia, il padre, palermitano, era un ingegnere ferroviario e la madre appartenente alla ricca borghesia genovese.
Ma il ventisettenne De Chirico, in quel momento artista squattrinato e non ancora famoso, così si sentì rispondere quando chiese il benestare al padre della sua amata Antonia.
De Chirico viveva a Parigi, che lascia per arruolarsi nell’esercito italiano e nel 1915 viene assegnato al 27° Reggimento di Fanteria di Ferrara. Ed è a Ferrara che conosce Antonia e travolto da una ondata di romantica commozione di fronte alla bellezza della città ed al ritmo sospeso della vita incomincia la sua evoluzione pittorica che trova nella Metafisica uno dei momenti più rappresentativi del grande pittore. “Le Muse inquietanti” hanno come sfondo il Castello Estense e sicuramente Antonia è stata una delle sue muse ispiratrici.
Dopo un secolo esatto le cronache quotidiane ci riportano ad una realtà completamente diversa. Il luogo questa volta è Ancona, la situazione simile a quella di Giorgio ed Antonia. Ma oggi è il rumore delle armi che pone fine ad una storia d’amore. Questa volta il ragazzo non accettato dai genitori della sua amata ragazzina sedicenne compra una rivoltella ed 86 proiettili ed in modo premeditato spara ai genitori della propria fidanzatina uccidendo la madre e ferendo in modo irreversibile il padre.
Un secolo, due mondi.
Se da una parte dobbiamo essere orgogliosi del progresso tecnologico, se la vita è diventata apparentemente più facile, dall’altra parte stiamo purtroppo assistendo ad un decadimento morale assolutamente non immaginabile.
Si stava meglio quando si stava peggio.
Una frase da tanti contestata, una frase che però racchiude anche profonde verità.
Episodi come quelli di Ancona devono far riflettere sul disagio giovanile e non solo su quello. Dove ha trovato il diciottenne i soldi, ben cinquecento euro, per acquistare la rivoltella? Ma non è questa la domanda più importante, oggi ci si deve interrogare che valore i giovani danno ai sentimenti ed alla vita propria ed altrui. Ci si deve chiedere se è solo colpa dei giovani, o se la colpa deve ricadere anche su altri, in primis gli educatori, con in prima fila i genitori e gli insegnanti.
Ognuno può trarre giustamente le proprie conclusioni, in tanti dovrebbero farsi un esame di coscienza.
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Redazione di Periscopio
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