I racconti del Lido/3
La passeggiata prima di cena
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Ci s’avvia sotto il cielo grigio e l’aria afosa alla passeggiata serotina. Musica minacciosa in lontananza avverte di un ‘evento’ in corso al bagno. La famigliola con Lilla debitamente calzata per la sua piaghetta al piede arriva in loco. Trapestii, urla, baccano mentre una macchina infernale sputa schiuma da una specie di cannone sotto cui si gettano voluttuosamente schiere di bambini e adolescenti tra lo sguardo compiaciuto dei parenti che forse pensano al risparmio doccia dei renitenti, di solito, al lavaggio. Nelle Malebolge dantesche i peccatori sono immersi nel liquame; qui nel paradiso del divertimento basta la schiuma (quella che rende belli i capelli, come è già stato ricordato). Discretamente togliamo il disturbo tra gli sguardi seccati dei mangiatori che si stanno ingozzando di ‘stuzzichini’ e dirigiamo il nostro piede vagante tra turbinii di macchine, gas di scarico, evoluzioni di moto al nostro solito caffè. Siamo accolti dal sorriso festante dei proprietari che, massacrati da una domenica infernale, hanno ancora la forza di ricevere i clienti chiedendo premurosamente se vogliono il ‘taglierino’. Rifiutiamo gentilmente mentre le pittate signore ci osservano sdegnose portando alla bocca il greve peso della pancetta arrotolata con quello sguardo voluttuoso che solo le réclames più ardite mettono in scena.
Chi vi scrive, ormai chiamato dalla consorte ‘binocolo’ osserva, nota e a quel modo che ditta dentro va significando: rapido sguardo di sguincio (quando insegnavo a Firenze mi sembrava parola eletta usata dai miei studenti) che si posa sui vestiti per immediatamente classificare il buono dal – direbbero i pronipoti – taroccato. Una sorta di distratta attenzione alla civiltà della conversazione secondo i dettami della cara amica scrittrice Benedetta Craveri poi bisogna spaziare con lo sguardo sotto il tavolo per scoprire innocenti pelosi e a quel punto cominci la passeggiata prima di cena i cui titolo solo per via parodica viene preso in prestito dal grande Giorgio Bassani.
E ti avvii ormai rassegnato a imboccare il viale Carducci mentre a Comacchio un sindaco un po’ distratto permette che quel luogo diventi invivibile.
Ma basta raccogliere i 4 euro della sosta macchine.
Il resto è utopia.

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Gianni Venturi
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani