Le ultime azzannate d Lucifero si avvertono nei L(a)idi quasi deserti invasi da strati di aghi di pino che rendono i luoghi ancor più caldamente tristi mentre il Silenzioso (sindaco di Comacchio) sembra un ectoplasma che s’aggira furtivo nelle roventi stradine ancora popolate di imponenti signori/e quasi tutti tatuati e dalla canotta al vento. Ormai il libero commercio del mercato abusivo si svolge pacificamente sulla battigia senza inutili e, in fondo, seccanti (per loro) blitz sporadici. Insomma come per l’immortale ‘Gattopardo’ di Tomasi di Lampedusa tutto cambia (sembra) perché tutto resti uguale. Il nome dell’autore del principe di Salina evoca migranti e condizioni terribili a cui l’Italia sembra dare un contributo di qualità e di responsabilità in questa disastrata Europa.
E finalmente si parla di cultura.
Ormai archiviati i Buskers ci aspettano delizie ‘volanti’ come i Baloons o interessanti iniziative come il festival di Internazionale o quello del libro ebraico mentre ci apprestiamo a presentare in Castello il 14 settembre uno dei libri più belli scritti negli ultimi anni sull’autore ferrarese Giorgio Bassani. E’ di Anna Dolfi e il titolo la dice lunga sul nuovo percorso degli studi su questo sempre di più coinvolgente scrittore: ‘Dopo la morte dell’io. Percorsi bassaniani “di là dal cuore”‘.
Due avvenimenti rendono affascinante la via Romea. Da una parte il concerto di Muti a Ravenna: l’Aida presentata appunto in forma di concerto. Dall’altra a Venezia la mostra del cinema. A entrambi dovrò rinunciare preso dai doveri del mio mestiere, ma sarò presente in spirito (almeno), mentre sembra che si cominci parlare non solo di migranti, incendi, di politica in affanno, ma anche di cultura. Se avessi potuto il 2 settembre sarei andato al Festival di Venezia a vedere il docufilm ‘Lievito Madre’ di Concita de Gregorio e Esmeralda Calabria che riunisce tra le centinaia interviste fatte alle ‘ragazze’ del secolo scorso, le più importanti. Tra tutte quella all’amatissima Natalia Aspesi che, riportato da Repubblica di domenica 27 agosto, rivela un pensiero che mi vede totalmente consenziente: “Oggi a questa età, la mattina mi sveglio e son tranquilla, serena. So di non avere un futuro ma ho un presente”. Solo chi ha raggiunto la saggezza può esprimersi in questo modo. E non è solo motivo di maturità, ma di ‘leggerezza’. Quella che le ha permesso di traguardare le soglie temibili degli anni con un sorriso che solo le donne che sanno possono sfoderare e far sì che nello scambio tra Felicità e Maturità possa avverarsi l’utopia di Montale:
Felicità (Maturità) raggiunta, si cammina
per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.
E questo mi conforta anche pensando che lui, Pavese, a cui ho dedicato decine d’anni di attività critica, non l’avrebbe mai accettato togliendosi la vita proprio una domenica 27 agosto di 67 anni fa.
Avere un presente è dunque la possibilità della maturità, il senso comune della vita.
Frattanto dall’altra parte della via Romea il caro amico Riccardo Muti propone una edizione di Aida in forma di concerto, invitando i giovani musicisti a entrare assieme nel regno mirabile dell’esecuzione.
Con lui si porta a compimento quel fondamentale principio pedagogico che rende l’allievo in consonanza col maestro e permette di percorrere la via maestra della scoperta della verità e della realtà, i doni supremi affidati all’arte.
Ma la cultura non sempre procede con passo sicuro e deciso.
Le rivolte giuste dei professori universitari, ormai i peggio pagati d’Europa; quella degli studenti milanesi che non vogliono il numero chiuso nelle facoltà umanistiche; i preoccupanti scricchiolii della riforma del Mibact sulla nomina dei direttori dei musei più importanti d’Italia, con la decisione annunciata a metà mandato del direttore tedesco degli Uffizi che a scadenza non rinnoverà il contratto, ma si trasferirà a dirigere il Kunsthistorisches Museum di Vienna, ci mettono davanti a un impressionante serie di passi falsi, che stanno sfiorando il ridicolo se non peggio. Come per la catastrofe provocata dal fallimento del musical su Nerone allestito contro ogni decente senso della misura e del decoro museale sul Palatino a Roma.
Ci dobbiamo interrogare su cosa sta avvenendo non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente sul concetto di cultura umanistica a cui sempre più si richiede un ‘prezzo’ di riscontro. Brutalmente: sei un Museo? Produci.
Stupisce che Eike Schmidt abbia permesso al ministro austriaco della cultura di divulgare il suo intento. Il direttore s’era impegnato in una serie difficilissima e nuova della conduzione degli Uffizi con alcuni fondamentali provvedimenti. Allora ha ragione Tomaso Montanari quando su ‘La Repubblica’ commenta che dopo l’annuncio del ministro austriaco: “è legittimo chiedersi con quale autorevolezza, convinzione, credibilità tutto questo potrà essere attuato da chi ha già scelto di non legare il proprio futuro professionale al frutto del proprio lavoro”.
I dannati della terra stancamente prendono altre vie, il L(a)ido ritorna luogo amabile e il ritorno in città sembra lasciare un’eco di nostalgia per gli aghi di pino e anche per i casermoni ormai silenziosi lasciati in balia della loro bruttezza.
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Gianni Venturi
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