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“Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. (…). Abbiamo dato inizio alla cultura dello ‘scarto’ che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive. (…). Gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma ‘rifiuti, ‘avanzi’.” (…). E’ indispensabile prestare attenzione per essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente, anche se questo apparentemente non ci porta vantaggi tangibili e immediati”.
Queste parole di papa Francesco (“Evangelii gaudium” Edizioni San Paolo), mi tornano alla mente seguendo l’inquietante dibattito innescato dal cartello contro gli accattoni esposto davanti al Conad di via Garibaldi. Voglio subito affermare che mi riconosco nella risposta ferma e precisa data dal sindaco Tagliani. Ben diversa da quella fornita dal sindaco di Vicenza, anch’egli del Pd, che fece approvare dal consiglio comunale il 29 ottobre 2013 un regolamento che nel suo articolo 91 bis recita: “E’ vietata la richiesta di elemosina e di denaro in genere sulla pubblica via…”. Ovviamente, subito fatto proprio dal nuovo sindaco leghista di Padova. Questo è uno di quei casi in cui si è smarrita la differenza valoriale tra destra e sinistra.
A Ferrara, invece, sia la giunta di centro-sinistra, il Pd, Sel, i sindacati e varie associazioni e singoli hanno reagito alla incivile provocazione. Mentre è grottesco che i “Fratelli d’Italia” decidano di presentarsi come le sentinelle della legalità e del rispetto dei cittadini disinvoltamente dimentichi che nel loro dna etico-politico c’è l’alleanza e la collaborazione di governo con un partito fondato da due noti campioni della legalità e del rispetto delle regole come Dell’Utri e Berlusconi.

Ma lasciamo da parte queste miserabili strumentalizzazioni politiche, e torniamo al problema serio oggetto di questa nota. Considerato lo spazio breve di una rubrica mi limito a segnalare i lavori di un grande storico polacco (fu anche un dirigente e ministro di Solidarnosc), Bronislaw Geremek, che in diversi suoi testi ha studiato la storia e le differenze tra il vagabondo, il mendicante e il povero: figure diverse di marginali per scelta, patologia o necessità. E lo ha fatto documentando l’atteggiamento del potere e della società nei confronti di queste persone scomode a partire dal Medio Evo fino alla nostra età moderna. Mostrando, tra l’altro, come la soluzione repressiva abbia sempre fatto leva sulla reazione emotiva di parti di opinione pubblica aizzata contro i poveri (i ‘brutti, sporchi e cattivi’ del bel film di Scola) , anziché aiutarla a ragionare per capire le cause di queste presenze e come porvi rimedio. Oggi, inoltre, non bisognerebbe dimenticare che la regola principe della forma sociale del regime democratico è l’inclusione e non l’esclusione. Anche le due grandi religioni cristiane dell’Occidente si sono divise in modo unilaterale rispetto al dramma della povertà. La parte cattolica riducendola spesso ad un fatto solo assistenziale (che non va certo trascurato e anzi benemerito…), e quella protestante combattendola frontalmente nel nome dell’ethos del lavoro. Di quest’ultima ricordiamo il suo fondatore, Lutero, che nella prefazione al “Liber vagatorum”, si scaglia con violenza contro i mendicanti, vedendo in loro la dimostrazione di “…quanto potentemente il demonio governa il mondo…”.
E ritorno così, in conclusione, alle parole di Francesco che non a caso ha scelto, come papa, il nome del santo dei poveri e degli ultimi. Il suo documento contiene un’analisi delle cause della povertà che non esclude la carità e l’assistenza, ma va oltre individuandone radici e responsabilità con l’obbiettivo di eliminarla. Questa è la visione giusta del problema. Fare invece centro sulla possibile presenza di fenomeni di racket rischia di criminalizzare l’intero popolo dei poveri senza fare le indispensabili distinzioni e le necessarie indagini per colpire l’eventuale presenza di organizzazioni criminali. Condivido al riguardo la posizione enunciata dal prefetto Michele Tortora.
Infine, solo una considerazione sul cartello esposto dal direttore del Conad e sul consenso che ha raccolto Ognuno di noi dovrebbe provare un senso di disagio e un sentimento di compassione e solidarietà davanti ad un nostro simile che si umilia chiedendo in ginocchio qualche centesimo. Non è buonismo da pappa del cuore. E’ la sostanza migliore del nostro umanesimo cristiano e laico.

Fiorenzo Baratelli è direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!


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